Italia, un paese a sovranità limitata

PUBBLICATO su LaPadania - 05 MAGGIO 1998

I numeri dell’Unione Monetaria e l’anima dell’Europa: all’interno potete vedere “tutti i numeri” degli 11 Stati membri dell’Unione Monetaria. Adesso il commento brevemente, ma prima vi devo dire una cosa importante che mi sembra venga troppo spesso ignorata, anche dagli “addetti ai lavori”. Dal punto di vista dei numeri questa non è l’Unione Monetaria degli undici ma è “l’Unione Monetaria dei tre più otto”, tanto abissali sono le differenze quantitative tra i tre Stati più grandi e gli altri otto membri.

Guardate le tabelle: Germania, Francia e Italia dell’Unione e producono il 74 per cento di tutti i debiti dell’Unione e producono il 74 per cento di tutto il Pil (il prodotto interno lordo). Gli altri 8 Stati membri, tutti assieme, hanno il 26 per cento dei debiti e producono il 26 per cento della ricchezza. Anche il numero degli abitanti ha più o meno le stesse caratteristiche: 68 e 32 per cento.

Questi dati ci fanno capire subito  come sarà difficile il cammino dell’integrazione politica se i tre Stati “più grandi e più grossi” vorranno far valere il peso dei loro numeri. Cosa che la Repubblica Federale Tedesca non mi sembra intenzionata a fare, appunto perché  quella è una Repubblica Federale, e dunque a Bonn, Berlino, Francoforte e Monaco di Baviera vi è sintonia culturale con la recente dichiarazione del Commissario dell’Unione Europea Mario Monti “L’Europa politica deve essere una forma di convivenza tra cittadino e collettività organizzata in modo federale anziché nazionale” (vedi “Tra mercato e democrazia”, sul Corriere della Sera del 3 maggio). Ma che purtroppo è nel Dna degli altri due grandi (nel senso di “grandi e grossi”) Stati, Italia e Francia, che politicamente sono ancora fortemente centralismi e culturalmente appartengono a un altro secolo. Una prova veramente drammatica per il futuro economico e per il futuro della stessa civiltà Europea l’abbiamo nella terribile dichiarazione dell’altro giorno di Chirac, a proposito del braccio di ferro per la nomina del presidente della Banca Centrale Europea. “Siamo in un’Europa delle nazioni, in cui ciascuno difende i propri interessi nazionali. Io questo lo chiamo realismo e non nazionalismo”. Questa frase dovrebbe fare capire a tutti quanto sia importante la necessità di cambiare la fisionomia di questa Europa e farla diventare l’”Europa dei popoli”. Pensate che perfino la Commissione della Diocesi di Milano “giustizia e pace” nel libro “autonomie regionali e federalismo solidale” aveva riconosciuto che l’Unione Europea “si rende conto che una Europa degli Stati on solo non basta più ma anzi, dal punto d vista economico e sociale, è un ostacolo”.

Ma guardiamo velocemente i numeri, che aiutano sempre a capire. Poi torniamo subito su questo argomento.

1. Debiti accumulati e debiti pro-capite.Questo è il debito pubblico. Insomma, la somma dei Bot e dei Cct degli 11 Stati. L’Italia è il paese più indebitato di tutti, e il guaio è che il suo debito rappresenta ben il 29,5% del totale. Quasi un terzo. Questo significa che eventuali gravi errori di Roma potrebbero “far saltare” tutto il progetto della moneta unica. Se guardate la tabella dei debiti pro-capite, vedete che il Belgio sta peggio dell’Italia. Ma il debito del Belgio rappresenta solo il 6,3 per cento di tutti i debiti dell’Unione.

Anche se in Belgio facessero delle sciocchezze, non avrebbero gravi ripercussioni sulla fiducia, e quindi sul valore, dell’Euro. L’Italia invece pesa, e pesa tantissimo. Errori dell’Italia determinerebbero perdita del potere d’acquisto delle pensioni di tutti i nostri concittadini europei.  Il significato di quei debiti pro-capite lo sapete tutti: un bimbo che nasce domani in Padania, oppure in Italia, nasce con 41 milioni di debiti. Adesso diciamo che questi 41 milioni valgono 100. Bene, pensate che il gemello di quel bimbo che nasce lo stesso giorno in Baviera di debiti ne ha solo 64,7, quello che nasce in Bretagna 57 e i beati figli delle coppie Catalane solo 38,5.

Quando penso che quelli che hanno contribuito a combinare questo guaio non solo sono a piede libero, ma siedono su robuste poltrone ed hanno anche la faccia tosta di farci delle prediche e di comandare, mi girano veramente le scatole,  ve lo giuro. Non è giusto. E invece c’è gente che li ascolta. Che si inchina. che bacia le loro mani. E li applaude. Santo cielo, quanta gente in questo paese non ha l’anima. O se la è venduta assieme alla dignità.

2. Pil in valore assoluto e pro-capite.Pil vuol dire “prodotto interno lordo” e rappresenta in pratica la ricchezza che viene generata in un anno da uno Stato. L’Italia è terza in valore assoluto, perché è “grande e grossa”. Ma guardiamo alla qualità dei numeri. Dividiamo il Pil per il numero degli abitanti. Ecco che l’Italia finisce al terzultimo posto, assieme all’Irlanda, e supera solo Spagna e Portogallo. Su questo dato ci sarebbe tantissimo da dire, ma per ora vi ricordo solo due cose: 1) per calcolare questo Pil l’Istituto di statistica (Istat) ha stimato ed ha inserito nel calcolo anche l’economia sommersa e il nero. Quindi qui c’è dentro proprio tutto. 2) il Pil dell’Italia è così basso perché una buona metà del paese è ferma ad aspettare il lavoro sotto casa, il lavoro socialmente utile, la solidarietà e la pensione di invalidità.

Solo per la cronaca, se in questa tabella sostituissi il dato dell’Italia con quelli delle varie Regioni, la Lombardia si piazzerebbe davanti alla Germania. E il Veneto si piazzerebbe davanti alla Francia. Generare Pil costa fatica, ma la qualità della vita e i servizi sociali in Lombardia e in Veneto sono molto peggiori che in Germania e in Francia. E io non riesco a capire perché ci sono ancora tanti Lombardi e tanti Veneti che on si chiedono “ma chi ce lo fa fare”.

L’anno 2016.La Commissione Europea ha pubblicato il 25 marzo un documento intitolato “relazione sulla convergenza e raccomandazione per il passaggio alla terza fase dell’Unione economica e monetaria”.

Subito all’inizio si può leggere questa dichiarazione: “Le decisioni adottate dai governi e gli strumenti previsti dal trattato impegnano gli Stati membri a proseguire su questa via; solo il raggiungimento nel medio termine di un equilibrio delle finanze pubbliche restituirà ai governi margini di manovra nella condizione delle loro politiche economiche”.

Dunque è chiaramente statuito che il governo e il Parlamento italiano non hanno più margine di manovra nella conduzione della politica economica. E questo, verosimilmente, fino all’anno 2016.

Non so se è sufficientemente chiaro a tutti questo cosa significherà se l’economia del Mezzogiorno continuerà a non essere autosufficiente.

Faccio un esempio, così ci capiamo meglio. Oggi l’Inps incassa dalla Sicilia circa cinque mila miliardi di contributi sociali all’anno. E oggi l’Inps versa ai pensionati residenti in Sicilia circa quattordicimila miliardi all’anno.

I novemila miliardi di differenza l’Inps li incassa dallo Stato. In assenza di questo trasferimento l’Inps non sarebbe in grado di pagare le pensioni. Né in Sicilia né nelle altre Regioni del Mezzogiorno. Fino a ieri lo Stato ha finanziato questi trasferimenti all’Inps, che in totale sono di circa ottantamila miliardi l’anno, in due modi: con l’emissione di nuovo debito pubblico e con la pressione fiscale. E nello steso modo ha finanziato le altre spese ed il pagamento degli interessi passivi sul debito pubblico. Ma oggi, dentro all’Unione Monetaria e vincolati ad un rigido piano di rientro del debito pubblico, questi trasferimenti potranno essere finanziati quasi esclusivamente con le tasse. Questo significa che la pressione fiscale non diminuirà. E se la pressione fiscale non diminuirà le aziende della Padania continueranno ad emigrare in altri paesi e gli investimenti dall’estero continueranno ad evitare accuratamente questo Stato italiano “che non ha logica”. E aumenteranno la disoccupazione, i ticket e la paura che questo Stato italiano non riuscirà a pagare le pensioni.

Questi, molto in breve, sono i numeri dei “tre più otto” Stati che hanno fatto partire la moneta unica. Sono numeri molto più pesanti di quelli dei tre Stati, l’Inghilterra, la Danimarca e la Svezia, che hanno deciso di restare nell’Unione Europea ma di non partecipare fin dall’inizio all’Unione Monetaria.

Ci sono altri motivi, non solo economici, per parlare dell’Europa che sta nascendo e per cercare di modificare la fisionomia che purtroppo i detentori del potere le stanno dando.

Abbiamo già visto la grave dichiarazione del Presidente Francese. Una Europa delle Nazioni in cui gli Stati più grandi difendono con i denti i propri interessi non sarà mai Europa. E secondo me non sarà mai nemmeno terra di civiltà, di rispetto, di amore e di responsabilità. Purtroppo la nave sta andando in questa direzione.

Sere fa, a Milano, nella sede del Mediocredito Lombardo, ho partecipato a una cena con Jacques Delors, uno dei “padri” dell’Europa che si sta costruendo.

Gli ho domandato quali compiti avranno ancora gli attuali Stati quando il processo sarà completato e tutti noi saremo, mi auguro, cittadini di una Europa dei popoli. Con un esercito europeo, con una politica estera europea, e con il suo Parlamento. I cui principi dovranno essere recepiti dai Parlamenti dei popoli d’Europa. Con i tempi e con le modalità che quei popoli decideranno, nel rispetto delle loro tradizioni e del loro modo di intendere la giustizia e la qualità della vita. Saranno recepiti dal Parlamento di quella Regione d’Europa che si chiama Veneto, dal Parlamento di quell’altra Regione d’Europa che si chiama Baviera, e dai Parlamenti della Provenza, dell’Andalusia, della Bretagna, della Sicilia, eccetera.

Delors non mi ha risposto. Non mi ha detto quali saranno i compiti residui degli attuali Stati. Della Francia, dell’Italia e dei loro Parlamenti. Non lo ha potuto fare per un motivo molto semplice: se noi (o i nostri figli) riusciremo a realizzare il progetto che ho descritto nel paragrafo precedente, che non è altro che il progetto dell’utopia dell’Europa dei popoli, gli attuali Stati poi non avranno più nessun compito amministrativo e politico. E per quelli che detengono il potere in questa Europa degli Stati un discorso del genere non è accettabile: perché questa “utopia della libertà e della responsabilità” cambierebbe la mappa del potere.

Già. Se realizzeremo questo progetto il potere non sarà più nelle mani di coloro che controllano gli attuali Stati, ma passerà nelle mani dei popoli.

Delors mi ha dato un’altra risposta. Mi ha detto che “senza gli attuali Stati la democrazia sarà in pericolo e le società resteranno senza memoria. Perderemo le nostre radici”. A me sembra che sia vero l’esatto contrario: il potere e le responsabilità devono essere più vicini ai popoli, all’uomo. Eliminando l’intermediazione degli Stati centrali si avrà più democrazia. E si tuteleranno maggiormente le radici, la cultura e le tradizioni dei popoli Europei. Certo: questa nostra utopia presuppone che i cittadini europei siano sempre più informati e consapevoli. E ti dicono “no, gli europei devono vino o birra e pensano solo alle partite di pallone. La gente ha bisogno di essere guidata. Se no ci sarebbe l’anarchia”. Non è vero: se ami la gente, tu la rispetti. Senti i suoi dolori, la sua felicità e la sua grandezza. E se la rispetti la vuoi vedere libera e responsabile. E sai che ce la farà. Invece s’è sfiducia quando non c’è amore. E non c’è amore quando “ci si sente” diversi. Come tanti nazionalisti Italiani che vediamo tutti i giorni nelle TV del regime.

Il fatto è che esistono due modelli diversi di Europa. Quella degli Stati, che ieri hanno dato vita all’Unione Monetaria, e quella dei popoli. Le differenze le ha descritte magistralmente sul nostro giornale Gilberto Oneto nell’articolo “l’Europa sarà una grande Padania” (8 aprile). “La maggior parte degli stati che partecipano al processo ci unificazione europea sono in realtà entità centraliste che sperano di risolvere le proprie contraddizioni stemperandole nell’unità europea. E che di conseguenza tendono a riprodurre, per cultura delle loro classi dirigenti e per precisa scelta politica la propria visione assolutista e centralista nell’Unione Europea”.

Esiste poi un’altra Europa, fatta di popoli, di culture, di sentimenti e di identità, tutti molto diversi tra di loro, accomunati da una origine comune e dalla stessa visione civile e responsabile del mondo. Questa è l’Europa che dobbiamo costruire, mandando in soffitta i tricolori, i nazionalismi serbi, italiani e francesi, i “sacri ed inviolabili confini” e tutto questo incivile armamentario. In questi giorni gli articoli sull’Euro si sprecano. Oltre a quelli che ho già citato del Commissario Monti e di Oneto, vi segnalo quello del Cardinale Martini (“Il mio sogno, la riconciliazione dei popoli”, sul Corriere della Sera dell’1 maggio). C’è dentro quasi tutto, dalla proposta di “mirare a un governo democratico mondiale dell’economia”, al sogno di una Europa che non sia solo “degli Stati, delle Regioni o delle municipalità, ma dei popoli, dei cittadini, degli uomini e delle donne”. Era un articolo lungo, ma l’ho riletto due volte per essere sicuro: c’è una parola che non è mai stata scritta. Libertà.

 

 

DEBITI ACCUMULATI AL 31 DICEMBRE 1997

DAGLI 11 STATI MEMBRI DELL’UNIONE MONETARIA

 

DEBITI

STATO

MILIARDI

%

Italia

2.372.212

29,5%

Germania

2.192.201

27,2%

Francia

1.378.845

17,1%

I primi 3

5.942.258

73,9%

Spagna

625.23

7,8%

Belgio

503.804

6,3%

Olanda

438.444

5,5%

Austria

232.011

2,9%

Finlandia

111.768

1,4%

Portogallo

105.626

1,3%

Irlanda

81.173

1,0%

Lussemburgo

1.798

0,0%

Gli altri 8

2.099.845

26,1%

TOTALE

8.042.103

100,0%

 

 

 

 

PIL AL 31 DICEMBRE 1997

DEGLI 11 STATI MEMBRI DELL’UNIONE MONETARIA

 

PIL

STATO

MILIARDI

%

Germania

3.575.119

33,4%

Francia

2.375.837

22,2%

Italia

1.950.680

18,2%

I primi 3

7.901.636

73,8%

Spagna

908.214

8,5%

Olanda

607.826

5,7%

Belgio

412.199

3,9%

Austria

351.163

3,3%

Finlandia

200.252

1,9%

Portogallo

170.394

1,6%

Irlanda

122.486

1,1%

Lussemburgo

26.829

0,3%

Gli altri 8

2.799.363

26,2%

TOTALE

10.700.998

100,0%

 

 

 

ABITANTI

DEGLI 11 STATI MEMBRI DELL’UNIONE MONETARIA

 

ABITANTI

STATO

NUMERO

%

Germania

82.075.000

28,3%

Francia

58.626.000

20,2%

Italia

57.506.000

19,8%

I primi 3

198.207.000

68,2%

Spagna

39.323.000

13,5%

Olanda

15.600.000

5,4%

Belgio

10.208.000

3,5%

Portogallo

9.876.000

3,4%

Austria

8.111.000

2,8%

Finlandia

5.140.000

1,8%

Irlanda

3.638.000

1,3%

Lussemburgo

424.400

0,1%

Gli altri 8

92.320.400

31,8%

TOTALE

290.527.400

100,0%

 

 

 

 

DEBITO PRO-CAPITE AL 31 DICEMBRE 1997

DEGLI 11 STATI MEMBRI DELL’UNIONE MONETARIA

 

DEBITI PRO-CAPITE

STATO

MILIARDI

%

Belgio

49.353.798

119,6%

Italia

41.251.556

100,0%

Austria

28.604.438

69,3%

Olanda

28.105.365

68,1%

Germania

26.697.542

64,7%

Francia

23.519.347

57,0%

Irlanda

22.312.441

54,1%

Finlandia

21.744.664

52,7%

Spagna

15.889.668

38,5%

Portogallo

10.695.226

25,9%

Lussemburgo

4.236.900

10,3%

MEDIA

27.681.048

67,1%