Le nostre pensioni, le loro ideologie

PUBBLICATO su LaPadania - 18/11/1997

I risultati delle elezioni sono commentati in dettaglio in un’altra parte del giornale. Io voglio solo ricordare che le squadre in campo sono due: noi e Roma. Nella squadra di Roma i giocatori FI, AN ed altri sono in panchina, mentre adesso sono in campo PDS, Verdi, Rifondazione eccetera. Ma per favore, non stiamo qui a perdere tempo per capire  perché l’Ulivo vince e il Polo perde. Vogliamo capirla, o no, che Romapolo e Romaulivo sono la stessa cosa? Per i dubbiosi i lavori del Parlamento di Roma, dalla Bicamerale alla Sicilcassa , sono lì a dimostrarlo.

Ai dibattiti e agli incontri pubblici le domande più ricorrenti sono sempre quelle sul debito pubblico e sulle pensioni. Le domande sulle pensioni sono riconducibili a due: 1) "chi pagherà le pensioni nelle Repubblica Federale Padana?" 2) "se non cambierà niente, fino a quando questo Stato italiano riuscirà a garantire il pagamento delle pensioni?".

Aggiungo che perfino nelle scuole, nei dibattiti con gli studenti, sento spesso questi giovani dichiarare che "sanno benissimo che se vivranno e lavoreranno in Italia loro la pensione non la incasseranno mai".

Questo delicatissimo argomento secondo me prima di tutto deve essere affrontato con la trasparenza , spiegando  sempre con molta chiarezza ai cittadini come funzionano le cose . Questo vale per le pensioni ,  per le tasse, il federalismo, la secessione e per ogni altro  argomento: i cittadini devono essere più consapevoli. I popoli sono saggi, forti, pazienti e buoni. E se i detentori del potere non li tenessero all'oscuro oppure, peggio, se non gli raccontassero bugie grandi come delle case, ogni problema sarebbe già risolto per metà. Se i cittadini fossero consapevoli sarebbe più difficile rubare, sarebbe più difficile promettere mari e monti "se voterete per me e per il mio partito". Sarebbe più difficile dividere il paese in buoni e cattivi, federalisti e secessionisti, bianchi e neri, solidali ed egoisti. Insomma,  molti politici e molti giornalisti dovrebbero cambiare  mestiere ,   la politica diventerebbe una cosa seria, e nel nostro futuro ci sarebbero più pace e più democrazia.

Per quanto riguarda la domanda su "chi pagherà le pensioni nella Repubblica Federale Padana?" la risposta è semplice, e può essere sintetizzata in cinque punti. 1) Oggi le pensioni le paga l'INPS, che è un ente romano. 2) Ma l'INPS i soldi per pagare le pensioni non li ha. 3) E allora come fa a pagare le pensioni? Semplice :  i soldi per pagare le pensioni l'INPS li incassa mese dopo mese quando quelli che lavorano gli versano i contributi sociali. 4)Ma i contributi sociali che quelli che lavorano versano all'INPS non bastano per pagare le pensioni. Così, dopo aver incassato i contributi sociali, l'INPS va dallo Stato e gli dice :  "Ué, Stato, io  ho incassato i contributi sociali.  Ma guarda che  non bastano. Dammi tu i soldi che mi mancano, perché altrimenti non riesco a pagare le pensioni. 5) E così lo Stato prende una  fetta che diventa ogni anno più grossa dei soldi che lui ha incassato da quelli che pagano le tasse   e da quelli che sottoscrivono titoli del debito pubblico, e li dà all'INPS di Roma, che altrimenti non riuscirebbe a pagare le pensioni.

 

Piaccia o no, questa é la situazione. Nella Repubblica Federale Padana inizialmente le pensioni saranno pagate dal nostro ente previdenziale, che naturalmente  potrà disporre   in tempo reale di tutti i  nomi , di tutti i dati ed anche di una  parte della struttura dell'INPS romano , tramite i suoi uffici decentrati. Il nostro ente previdenziale incasserà i soldi da quelli che lavorano in Padania e pagherà le pensioni. In un secondo momento io mi auguro  che in Padania  il sistema pensionistico verrà modificato, naturalmente senza cambiare la situazione di quelli che sono già in pensione,  per dare più spazio ai fondi pensione ed alla regionalizzazione degli enti pensionistici. Dal sistema a ripartizione spero che passeremo ad un sistema a capitalizzazione. Ma queste sono riforme necessariamente graduali, e che dovranno essere proposte ai paesi membri della Repubblica Federale Padana  dal Parlamento della Padania .

Ripensate a quello che avete appena letto e ricordate queste due frasi:

 "I soldi per pagare le pensioni l'INPS li incassa mese dopo mese quando quelli che lavorano gli versano i contributi sociali. "

 E poi:

"E così lo Stato prende una grossa fetta dei soldi che lui ha incassato da quelli che pagano le tasse, e li dà all'INPS di Roma, che altrimenti non riuscirebbe a pagare le pensioni."

Dunque deve essere ben chiaro che oggi le pensioni non sono pagate dai contributi sociali che sono stati versati per anni da coloro che sono in pensione, ma sono pagate da 1) quelli che lavorano oggi, e da 2) quelli che pagano le tasse oggi.

Molti dicono " Ma io ho versato i contributi per tanti anni." Ecco, questi soldi, i soldi dei contributi sociali che sono stati versati, non ci sono più. I soldi  che non sono stati rubati sono stati spesi per cattedrali nel deserto che il paese non poteva permettersi. Quelli che  oggi sono in pensione i contributi che dovevano versare li hanno versati, ma i soldi non ci sono più. Nemmeno una lira.

E pensate che qualcuno dei responsabili di questa situazione va ancora in giro a piede libero per il paese. Qualcuno di loro è anche senatore a vita. Qualcun altro è ascoltato, riverito, e sta pensando di fare ancora politica. Di sostituire Romapolo. Oggi molti di loro sono riuniti  in un albergo di Roma per commentare i risultati delle elezioni amministrative e fare piani per il futuro. Qualcuno parla di centro destra, qualcuno parla di centro sinistra, e c'è gente che sta lì a sentirli parlare e a farsi imbrogliare. Ma quando i cittadini Padani e i cittadini del Mezzogiorno apriranno gli occhi?

Questa è la caratteristica del nostro assurdo sistema "a ripartizione", fortemente voluto da cattolici, da democristiani, da missini, da socialisti, da comunisti , dai sindacati e compagnia bella. Forse solo qualcuno di loro era in malafede e forse solo pochi di loro hanno rubato.  Forse questo sistema così folle è stato messo in piedi da questi signori semplicemente perché non hanno mai lavorato un solo giorno in tutta la loro vita.  Forse non sapevano cosa facevano e cosa votavano. Forse qualcuno era anche in buona fede.  Ma in fondo , che siano stati ladri , disonesti oppure semplicemente tonti, poco importa: purtroppo ormai la frittata è fatta . Quello che è certo  è che questi signori, in buona o in cattiva fede   hanno sempre fatto i filosofi, hanno sempre pensato in termini non pragmatici alle ideologie, alla dottrina sociale della chiesa. Hanno sempre fatto i "politici all'italiana" , hanno sempre fatto i sindacalisti : ma non hanno mai fatto i conti.  E adesso i conti che loro non hanno fatto li dobbiamo  fare noi : e il risultato é che  i debiti che non hanno mai contabilizzato sono enormi. Monorchio, il ragioniere generale dello Stato italiano, il mese scorso ha stimato che il debito per le pensioni già maturate é di circa cinque milioni di miliardi: più del doppio del debito pubblico. E li dobbiamo pagare noi, perché questo debito nascosto dello Stato  deve essere incassato  dai  nostri pensionati, dai nostri anziani.

Per pagare questi debiti dobbiamo lavorare. E per poter lavorare é necessario che ci siano degli imprenditori in gamba che mettano in piedi aziende competitive. Altrimenti, scusate, i quattrini da dove saltano fuori?

Ricordo che poco tempo fa, in Giugno, Franco Miroglio aveva mandato una lettera a settecento suoi dipendenti con questa frase: "Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo ritornare alle origini privilegiando l'azienda. E' l'azienda che conta, molto meno contano il lavoratore e la proprietà."  In molti si erano scandalizzati. Tra gli altri si era scandalizzato il vicario generale di Alba, Monsignor Giovan Battista Gianoglio, che si era rifiutato di celebrare la Messa alla festa per 129 anziani dell'azienda, dicendo che "in quella lettera ci sono parole che vanno contro i principi cristiani." Ma questo, se il Corriere della Sera lo ha riportato esattamente,  mi sembra un ragionamento profondamente sbagliato. Perché, santo cielo,  si ragiona sempre dietro alle ideologie, senza guardarsi negli occhi e senza cercare di capire le ragioni  degli "altri"?  Ragioni che i fanatici tendono sempre a demonizzare, proprio come quando Walter Veltroni, senza capire di cosa sta parlando ,  ci identifica come "la Lega della secessione e dell'odio tra gli italiani".  A me sembra che  Franco Miroglio  abbia detto una cosa giusta. Le aziende hanno valenza  sociale, perché generano lavoro. Se si privilegiano  gli azionisti, distribuendo troppi dividendi, le aziende chiudono. E allora tutti a casa, senza lavoro. E se si privilegiano troppo i lavoratori, alzando gli stipendi e/o abbassando le ore di lavoro, poi  le aziende chiudono, perché non sono più competitive. E allora, anche in questo caso, tutti a casa, senza lavoro. Invece se si privilegia l'azienda, c'è lavoro, e dunque si privilegia la collettività. 

Dunque mi sembra logico che i sacrosanti diritti di lavoratori e di  azionisti debbano  essere tutelati, ma senza sacrificare  quelli dell'azienda. E che in caso di contrasti devono essere questi ultimi a prevalere.   E questo anche per poter pagare le pensioni, con i contributi sociali e con le tasse pagati da chi lavora. Naturalmente le aziende devono essere tutelate garantendo che i meccanismi del mercato funzionino correttamente: dunque si devono impedire i monopoli, garantire la concorrenza, eccetera.

Se le pensioni le pagano quelli che lavorano e quelli che pagano le tasse, oltre a quelli che sottoscrivono titoli del debito pubblico, non possiamo dimenticare che senza aziende competitive non ci saranno più né quelli che lavorano né quelli che pagano le tasse. E che senza aziende competitive a quelli che hanno  sottoscritto titoli dello Stato italiano non sarà più restituita nemmeno una lira.

E allora dobbiamo porci l'obiettivo di avere tanti imprenditori e tante aziende. Tenercele care, farle nascere, attirarle nel nostro paese.  Ed evitare che quelle che ci sono  scappino o  chiudano.

Oggi , in questa Italia  delle ideologie e dei tricolori,  con i suoi sacri ed inviolabili confini e col suo elmo di Scipio, "una unita e indivisibile ",  dove comandano gli stessi che hanno rovinato il paese, con gli stessi metodi , la stessa cultura bizantina , gli stessi valori mafiosi e lo stesso disprezzo per la gente e per la libertà dei popoli, l'assenza di pragmatismo  fa scappare le aziende, le fa  emigrare verso altri paesi. Le fa chiudere.  Non ne fa nascere di nuove e non ne attira dall'estero.

Proprio ieri ad una tavola rotonda organizzata da Business International sono stati presentati e commentati dei dati elaborati dall'OCSE sui flussi di investimenti esteri : negli anni  dal 1991 al 1995 per ogni 100 lire che gli stranieri hanno investito in Italia, ne sono stati investiti 295 (tre volte tanto) in due piccoli Stati, il Belgio e il Lussemburgo. E  379 (quasi quattro volte tanto) in Francia. E 484 (quasi cinque volte tanto) in Inghilterra.

Ma non basta. L'Economist Intelligence Unit (EIU)  ha elaborato una classifica per identificare i paesi che sanno meglio attirare gli investimenti. Questa classifica , tecnicamente valida e molto interessante, riguarda gli anni dal 1992 al 1996. L'Italia è al 29° posto, preceduta da paesi come la  Corea del Sud , Tailandia, Portogallo, Cile, Spagna , Malaysia, Taiwan , eccetera.  Il fatto che le previsioni per il periodo dal 1997 al 2001 , basate anche sulle bugie dell'Ulivo, facciano "risalire" l'Italia dal 29° al 23° posto non è di nessuna consolazione.

Io sono onestamente  convinto che se  invece dell'Italia ci fossero due paesi, la Repubblica Federale Padana e l'Italia vera e propria, i voti sarebbero migliori e i due paesi, per motivi diversi, si piazzerebbero molto più  in alto nella classifica.

Ma per realizzare il progetto di secessione consensuale servono  cose che oggi non ci sono e che dobbiamo tutti impegnarci a costruire. Cittadini più consapevoli, ai quali deve essere riconosciuto il diritto di essere  informati in modo  onesto, corretto e puntuale : tutto il contrario di oggi.  La capacità di essere pragmatici e di usare  la propria testa, abbandonando ideologie, dogmi, tricolori e sacri ed inviolabili confini. Meno egoismo e più rispetto per le generazioni future. E maggiore capacità di discutere, di ragionare assieme, di capire le ragioni degli altri, di rispettare il loro pensiero ed il loro diritto di essere liberi.

 

Giancarlo Pagliarini