Le bugie dell'Ulivo
- Dettagli
- Categoria: Vecchi articoli su "LaPadania"
PUBBLICATO IL 26/08/1997
Di bugie i signori dell’Ulivo ne hanno sempre raccontate tante, ma adesso stanno veramente esagerando. Tra le tante, quelle più assurde sono quelle che ci identificano come dei razzisti e come violenti che “seminano odio”.
Un esempio per tutti: Walter Veltroni, il vicepresidente del consiglio del governo Prodi, ha fatto pubblicare sul “Corriere della sera” un articolo dove ci identifica come“ la Lega della secessione e dell’odio tra italiani”. Odio? Cosa c’entra l’odio? Bisogna proprio essere fuori di testa per pensare e scrivere cose del genere.
Noi ci stiamo dando da fare, con metodi democratici e non violenti, per ottenere il consenso necessario e sufficiente perché si firmi al più presto un trattato di secessione consensuale tra la Padania e l’Italia.
Lo facciamo perché non vogliamo più essere una colonia di Roma, perché vogliamo essere liberi, perché la concezione che abbiamo noi Padani dei diritti, dei doveri, della giustizia, della scuola, della solidarietà, della qualità della vita eccetera è profondamente diversa da quella degli italiani. Non dico né migliore né peggiore, ma “profondamente diversa”.
E lo facciamo anche perché siamo convinti che la secessione dal punto di vista economico, culturale e sociale sarà utile a tutti gli abitanti della nostra area geografica. Sarà utile a tutti meno che alla mafia, alla delinquenza organizzata e a qualcun altro che detiene il potere nella Repubblica italiana, e che profitta della sua assurda organizzazione. Ma non ci sogniamo proprio di odiare qualcuno. Non odiamo né gli italiani né nessun altro.
Però ci sono degli sprovveduti che leggono le cose incredibile che scrivono Veltroni e i tanti altri come lui e che in buona fede, pensando che siano persone serie ed oneste, gli credono. Credono che noi siamo dei matti e che andiamo in giro a seminare odio e violenza. E così va a finire che c’è gente come il buon Edgardo Sogno che dichiara che “ se la secessione dovesse diventare una realtà chiamerei a raccolta gli uomini della resistenza, tutti, senza distinzione. Sono vecchio ma se necessario riprenderei le armi ”. Non riesco a capire perché si scrivono certe cose. Odio? Armi? Ma siamo sicuri che non siano loro a volerli?
Dicevo che i signori dell’Ulivo raccontano tante bugie. Una, ricorrente, riguarda l’entrata dell’Italia unita nell’Unione Monetaria Europea. Ancora Veltroni scrive sul “Corriere”: “Bossi sperava che l’Italia non entrasse in Europa per poter lucrare su una rottura sociale. Così non è stato. ”
Qui ci sono due enormi bugie.
Prima bugia: scusate, ma perché la Lega Nord dovrebbe sperare che l’economia vada a rotoli in modo che l’Italia sia esclusa dall’Europa. Che sciocchezza: se le cose andassero bene, saremmo i primi ad esserne contenti. Il fatto è che il governo Prodi sta “vendendo” in giro per il mondo l’idea che se l’Italia unita non dovesse essere ammessa all’Unione Monetaria nel nostro paese si verificherebbero “rotture sociali” , tipo Yugoslavia. Questa , mi pare, è una leva che il governo Prodi sta usando per preoccupare ed influenzare i nostri partner europei con lo scopo di ottenere l’ammissione all'Unione Monetaria anche se il paese non rispettasse i parametri di Maastricht. Me li vedo, Prodi e soci, andare in giro per l’Europa sbandierando questo pericolo e questa caricatura di una “Lega cattiva e irresponsabile“ che sta remando per far colare a picco l’economia del paese per poi destabilizzarlo, come un avvoltoio. E’ vergognoso che si dicano queste cose su Bossi e sulla Lega Nord, ma sono convinto che è proprio quello che stanno facendo.
Seconda bugia : purtroppo non è per niente vero che siamo praticamente in Europa. Magari fosse così ! Vediamo come stanno le cose nella realtà.
La decisione sull’entrata nella Unione Monetaria Europea sarà una decisione politica, che comunque dovrà tenere conto dei famosi parametri del trattato di Maastricht. A mio giudizio i parametri più importanti di quel trattato sono due: quello del rapporto tra il “fabbisogno” e il prodotto interno lordo (che chiamerò PIL nel seguito di questo articolo) e quello del rapporto tra i “debiti accumulati” e il PIL.
I valori di riferimento sono del 3% per il primo e del 60% per il secondo rapporto.
Vediamo di capire meglio cosa sono questi rapporti, e com’è la situazione dei conti pubblici.
Il PIL rappresenta la ricchezza prodotta da uno Stato in un anno.
Per semplificare al massimo, supponete che il PIL rappresenti la cifra che voi guadagnate in un anno.
Bene, ci sono quattro possibilità.
Prima possibilità: siete una persona normale. In questo caso guadagnate 100 e spendete 70, oppure 80, oppure 90. Il resto lo risparmiate per quando sarete vecchietti, o per i vostri figli.
Seconda possibilità: non riuscite a risparmiare . In questo caso, guadagnate 100 e spendete 100.
Terza possibilità: avete dei problemi e vivete leggermente al di sopra delle vostre possibilità. In questo caso guadagnate 100 e spendete 103.
Ultima possibilità: siete dei pericoli pubblici. In questo caso, guadagnate 100 e spendete più di 103. Quello che spendete ma che non guadagnate ve lo fate prestare, ed è altamente probabile che non riuscirete mai a restituirlo: per l’economia siete una vera e propria mina vagante.
Ecco, Maastricht accetta tutti, esclusi i pericoli pubblici e le mine vaganti.
Per questo motivo il trattato prevede che se uno Stato incassa 100, quello Stato non può spendere più di 103.
Il 3 si chiama “fabbisogno” perché lo Stato quei 3 non li ha, e quindi se vuole spenderli gli ….“fa bisogno” che qualcuno glieli presti.
L’Italia questo 3% se lo sogna. Tra interessi passivi, ministeri romani, prepensionamenti, false pensioni d’invalidità , baby pensioni degli statali, auto blu, contributi a zingari ROM, giubileo, Roma capitale, Banco di Napoli, fiscalizzazione di oneri sociali per le aziende del Mezzogiorno, lavori socialmente utili eccetera, spendiamo ogni anno molto di più del 3% del PIL.
I documenti ufficiali sostengono che forse nel 1997 centreremo questo famoso 3%. Ma i documenti ufficiali non dicono due cose: 1) quest’anno la ragioneria generale dello Stato ha bloccato numerose spese approvate dal Parlamento ed ha posticipato i rimborsi dell’ IVA e dei crediti di imposta. In questo modo nel bilancio dello Stato alla fine dell’anno ci saranno dei residui passivi giganteschi che dovranno essere pagati l’anno successivo, perché le spese approvate dal Parlamento, se non le paghi un anno, le devi pagare l’anno dopo. E il trattato di Maastricht non deve essere rispettato solo nel 1997. Deve essere rispettato sempre. E non dimentichiamo che ci sono state e ci sono discussioni per ridurre l’attuale limite massimo. Dall’attuale 3% si passerà prima all’1% e poi al pareggio. 2) Inoltre ci sono alcune spese, come quelle sui cosiddetti “scarti di emissione” dei titoli del debito pubblico e come le perdite su cambi, che aumentano il debito pubblico ma che non sono considerate nel “fabbisogno”. Questa è quella che gli anglosassoni chiamano, con ragione, “contabilità creativa”. Il governo stima che nel 1997 queste spese, contabilmente escluse dal fabbisogno, saranno di circa 13.515 miliardi, pari allo 0,7% del PIL.
E ho steso un velo pietoso su altre “furbate”, come quelle di considerare tra le entrate dello Stato, usando la famosa “tesoreria unica”, i soldi dei Comuni, anche di quelli più piccoli, e una parte del TFR, il trattamento di fine rapporto dei lavoratori. Questi soldi entrano nel bilancio dello Stato, ma non sono soldi suoi. Sono soldi dei Comuni e sono soldi dei lavoratori dipendenti..
La cronaca di questi giorni: l’OCSE ha reso pubblica una relazione dalla quale risulta che per la Germania questo rapporto sarà del 3,2% nel 1997 e del 2,7% nel 1998. E tutti giù a dire che la Germania è in crisi e non ce la fa. Ma nel “documento di programmazione economico-finanziaria” (DPEF) che il governo ha appena presentato, Prodi e Ciampi hanno scritto che il nostro rapporto sarà , se tutto andrà bene, del 3% nel 1997 , con i problemi che ho evidenziato prima, e addirittura del 4,1% nel 1998.
Ma andiamo avanti, e adesso ragioniamo sul secondo parametro, quello del rapporto tra i debiti accumulati e il PIL.
Facciamo sempre degli esempi usando i conti delle nostre tasche.
Anno 1: guadagno 100 e spendo 103. Ho un fabbisogno di 3 e alla fine dell’anno i miei debiti sono uguali a 3.
Anno 2: guadagno 100 e spendo 104. Quell’anno ho un fabbisogno di 4, ma alla fine dell’anno i debiti accumulati sono saliti a 7, perché 3 sono quelli dell’ anno precedente, e 4 sono quelli di quest’anno.
Anno 3: guadagno 100 e spendo 110. Quell’anno ho un fabbisogno di 10, ma i debiti accumulati alla fine dell’anno sono saliti a 17.
Ecco, abbiamo visto cosa è e come si forma il “debito pubblico”, il cui valore di riferimento per il trattato di Maastricht è il 60% del PIL.
Questo è un rapporto molto importante, di cui Prodi, Ciampi le TV e i giornali del regime non parlano mai. Ricordo che poco tempo fa, in Luglio, il presidente della banca centrale tedesca, Tietmeyer, aveva dichiarato che “è particolarmente importante il livello totale del debito”. E’ ovvio che questo dato, di cui il governo non parla mai, sia molto più importante e “più pesante” del fabbisogno di un singolo anno.
Come il nostro giornale ha già detto molte volte, la situazione di questo parametro è la seguente:
Francia e Inghilterra sono sotto al 60%.
In Germania, proiettando i conti pubblici a legislazione vigente alla data del 31 Dicembre 1997, si è visto che il rapporto si avvicinava al 62%. Apriti cielo: sono partiti immediatamente con tagli, sacrifici, e perfino con la proposta di rivalutare le riserve d’oro della banca centrale Tedesca. Oro che, incidentalmente, è valutato circa 90 dollari l’oncia, mentre quello della Banca d’Italia é valutato a circa 300 dollari l'oncia.
Andiamo avanti: la Spagna è messa molto male, perché il suo rapporto è di circa il 65%.
Il rapporto dell’Italia invece al 31 Dicembre 1996 era 123,8% e la stima per la fine del 1997 è del 122,56% , con il formidabile miglioramento dell’1,24% in un anno, ottenuto con gli imbrogli e i trucchi contabili che ho descritto prima. Con questo ritmo arriveremmo al 60% in poco più di cinquanta anni.
Qualcuno mi dovrebbe spiegare perché pochi giorni fa, partendo per le vacanze a Pantelleria, Romano Prodi ha detto testualmente: “ L’Italia deve arrivare al famoso “virgola zero”. L'ho sempre detto, inutile fare discorsi sul 3,1 o sul 3,2 per cento. Noi dobbiamo centrare il bersaglio del 3,0 per cento”.
Scusate, ma il debito pubblico accumulato dove lo mettiamo?
Che senso ha stare li a discutere, rilasciare interviste e disquisire sulle virgole di un parametro, quello del fabbisogno, quando per l’altro parametro, quello del debito accumulato, il problema non è di virgole ma è gigantesco, perché stiamo superando del doppio il massimo consentito dal trattato di Maastricht.
L’unica cosa seria da fare è quella di far generare più PIL al paese. Per farlo è necessario dividerlo, é necessaria la secessione. Senza odiare nessuno e senza che Edgardo Sogno prenda le armi. Perché in questo modo il Sud potrà utilizzare una moneta più competitiva per attirare imprese, investimenti, turismo, aumentare le esportazioni e combattere disoccupazione, e delinquenza organizzata. Insomma, per far finalmente partire la sua economia.
Ecco perché il governo Prodi e i signori dell’Ulivo dovrebbero smetterla di raccontare bugie e dovrebbero invece preparare in fretta, ascoltando i saggi suggerimenti che saprà dargli il governo Maroni, la bozza del trattato di secessione consensuale da presentare al Parlamento di Roma. E naturalmente a quello della Padania, i cui membri verranno eletti dal popolo il 26 di Ottobre.
Giancarlo Pagliarini