Milano,420 miliardi all'AEM se li è tenuti lo Stato Italico

PUBBLICATO su LaPadania - 29 DICEMBRE 1998

     Anch’io, come tanti, in questi giorni ho spedito degli auguri per il nuovo anno. Ne ho imbucati una trentina, e il testo era più o meno così: “Caro mio, la vedo veramente nera. A Roma sono felici come delle pasque perché vedono che qualsiasi cosa fanno ai danni dei nostri piccoli imprenditori e dei nostri Comuni, Province e Regioni, qui nessuno protesta. Che Dio ce la mandi buona! Tanti auguri per un buon 1999”.

Ai colleghi revisori dei conti e ai pochi amici con il bernoccolo dei numeri ho scritto “ti auguro un buon 1,03”. Spero che non pensino che sono impazzito e capiscano che 1999 Lire al cambio di oggi corrispondono a 1,03 Euro.

     Ma gli auguri più originali li ha fatti un giovane consigliere comunale di Milano. E’ di Alleanza Nazionale e non è nato a Milano, ma nel profondo Sud. Ha preso la carta intestata del Comune e ci fa fotocopiato sopra una sua foto. Dopo la data, la lettera comincia con un “caro conterraneo”. Non so come si è procurato i nomi e gli indirizzi dei suoi conterranei: spero abbia rispettato  la legge sulla privacy. Oltre ad augurare buon Natale e felice anno nuovo, questi originali auguri elencano le “principali iniziative avviate dall’Amministrazione di Milano in quest’ultimo anno”: investimenti, parchi, cablatura, privatizzazione, eccetera.

     Alla fine della lettera il consigliere comunale rinnova gli auguri e si dichiara disposto a ricevere proposte ed eventualmente anche contestazioni, ed è per questo che alla fine inserisce indirizzi e numeri di telefono, così chi lo desidera potrà mettersi in contatto con lui. C’è l’indirizzo e il numero di telefono del gruppo di Alleanza Nazionale al Comune, ma poi, invece del suo indirizzo e del suo numero di casa o del suo cellulare, c’è il nome, l’indirizzo e i numeri di telefono di uno studio legale. Uno dei “conterranei” si è incavolato di brutto e ha mandato una lettera al sindaco Albertini e ai gruppi consiliari con la quale chiede “chi ha autorizzato quel signore all’uso a fini privati (propaganda elettorale e pubblicità del suo studio legale) del logo e della dicitura del Comune di Milano”.

     Questo è un fatto particolarmente importante, ma io l’ho voluto ricordare per fare due considerazioni generali.

     La prima è questa: in alcune regioni d’Italia e d’Europa questi comportamenti sembrano logici e non criticabili, al punto che possono comportare onesti e disinteressati riconoscimenti di merito. In altre regioni assolutamente no. Nella Milano e nella Torino di una volta e a Barcellona, a Londra e nella Monaco di Baviera di oggi lo studio legale in questione sarebbe stato sicuramente messo all’indice per sempre dagli addetti ai lavori. Forse a Siviglia, Napoli, Atene, Marsiglia e Palermo no. Ma questa non è altro che l’ennesima conferma che popoli diversi possono impegnarsi a rispettare principi comuni, ma non possono darsi identiche leggi di dettaglio.

     La seconda considerazione è questa: quegli auguri citano, tra le buone iniziative dell’amministrazione Albertini, la privatizzazione dell’Aem. Nell’elenco, tra le cose c’è scritto: “Collocato in Borsa il 49% delle azioni Aem, con un introito di 1.430 miliardi”. Ecco, questo è un punto importante. Quello che c’è scritto è vero, però manca  un’informazione fondamentale. E’ vero che nel mese di luglio è stato collocato in Borsa il 49% delle azioni Aem, ed è vero che c’è stato un introito di 1.430 miliardi. Però quei 1.430 miliardi non sono stati depositati in una banca su un conto intestato al Comune di Milano. Quei soldi sono finiti a Roma, nella Tesoreria Unica.

     E lo Stato italiano, visto che c’erano dei fondi in tesoreria, nel 1998 ha trasferito al Comune di Milano la bellezza di 420 miliardi in meno di quelli previsti dalla legge finanziaria e che gli avrebbe trasferito se l’Aem non fosse stata privatizzata.

     Non ci credete? Me ne rendo conto: non è facile “mandare giù” una cosa del genere. Lo so che sembra incredibile e che è dura credere che Milano possa essere amministrata così male. Ma quello che ho scritto è tutto vero. Al massimo la cifra finale potrà cambiare di qualche miliardo, perché i numeri che vedete nell’Allegato 1 sono il risultato di stime e proiezioni che ho fatto assieme al ragioniere capo del Comune e che in parte potranno cambiare, ma la sostanza è quella. E la gente non lo sa, e non sapendolo non si arrabbia e non protesta. Insomma, Milano aveva un’azienda. Ha venduto il 49% delle azioni ed il ricavato della vendita, invece di spenderlo per i milanesi, lo ha dato allo Stato italiano.

     La Lega Nord aveva avvisato di questo pericolo il sindaco Albertini e gli assessori. Durante la riunione del Consiglio Comunale del 14 maggio avevamo spiegato che con la Finanziaria del 1997 era stato approvato un articolo che avrebbe avuto effetti finanziari molto rilevanti per i Comuni che intendevano fare delle privatizzazioni. Esempio pratico: supponiamo che il Parlamento deliberi di trasferire nel corso del 1998 cento lire a un qualsiasi Comune. Con la legge in vigore lo Stato avrebbe guardato a quanto ammontano le giacenze sulla Tesoreria Unica di quel Comune. Finché le giacenze superano il 18% della cifra stanziata, lo Stato non gli trasferisce niente perché fa questo ragionamento: “i soldi di quel Comune li ha, e quindi non ha bisogno di altri soldi”.

     A questo punto la Lega Nord aveva detto molto chiaramente al consiglio comunale di Milano, “signori, se noi privatizziamo l’aziende e i soldi delle vendite vanno sulla Tesoreria Unica, lo Stato non ci trasferirà più niente finché non andremo sotto al 18% della cifra dei trasferimenti approvati per il 1998, vale a dire finché non scenderemo sotto i 145 miliardi. Capite che se manderemo in Tesoreria Unica i quasi 1.500 della privatizzazione, perderemo una gran parte dei trasferimenti statali per il 1998”.

     Cosa che, come vedete dall’Allegato 1, si è puntualmente verificata. Nell’anno 1998 Milano ha perso 420 miliardi. Provate un po’ a pensare alle cose che si possono fare con 420 miliardi. Sul Corriere leggo questa dichiarazione entusiasta dell’assessore al Bilancio: “Per la prima volta metteremo a bilancio una cifra, due miliardi, per il marketing urbano. Si tratterà di interventi che serviranno a rafforzare l’immagine della città e a diffonderla nel mondo, per attrarre investimenti e capitali, e creare posti di lavoro”. Se con due miliardi si fanno queste cose, pensate alle cose che avremmo potuto fare con i 420 miliardi dei milanesi che nel 1998 il sindaco Albertini e la sua Giunta hanno regalato allo Stato italiano! Speriamo che riescano a recuperarli l’anno venturo. Ma se devo essere sincero ho dei grossi dubbi.

     Lasciatemi tradurre quello che è successo nel linguaggio di tutti i giorni. Supponete di essere dei dipendenti della Fiat e che il vostro stipendio, giusto? E invece no: immaginate che ci sia una legge che prevede che il vostro datore di lavoro sia autorizzato a guardare tutte le vostre carte, tutto il vostro patrimonio e tutti i vostri quattrini. E che quella legge preveda che se avete più di 10 milioni in banca vuol dire che per quel mese non avete bisogno dello stipendio. E quindi lo stipendio il vostro datore di lavoro non ve lo dà. Ve lo darà dopo, se ne avrete bisogno. Magari il mese successivo. Ma in questo caso lo stipendio del mese successivo sarà trasferito al mese dopo, e così via. Una follia, vero? Una cosa che non sta né in cielo né in terra. Eppure una legge del genere oggi è pienamente in vigore per quanto riguarda i trasferimenti dallo Stato ai Comuni.

     Il Consiglio Comunale aveva approvato  una mozione della Lega Nord con la quale si impegnava la Giunta di Milano “ad ottenere dal ministero del Tesoro un nulla osta scritto che il ricavato della vendita del 49% delle azioni Aem può essere considerato nella totale libera disponibilità del Comune di Milano, che potrà versarlo temporaneamente presso il sistema bancario, per il tempo strettamente necessario alla procedura di reinvestimento”. Naturalmente il nulla osta scritto non è stato ottenuto, e i quattrini sono finiti a Roma.

     Una possibilità ragionevole proposta in Commissione dall’assessore al Bilancio e discussa in aula era di utilizzare i soldi della privatizzazione per estinguere immediatamente i mutui con la Cassa Depositi e Prestiti. Ottima idea, ma si è saputo solamente dopo che per chiudere i mutui in scadenza il Comune avrebbe dovuto pagare alla Cassa Depositi e Prestiti delle penali incredibili, da usura, con un costo superiore ai 100 miliardi. Ma i signori che stanno nella “stanza dei bottoni” questo particolare dovevano saperlo.

     Piuttosto di dare altri soldi dei milanesi a Roma la Lega Nord aveva anche proposto di effettuare la privatizzazione con un aumento di capitale dell’Aem: il Comune di Milano avrebbe rinunciato al diritto di opzione, e quelli che volevano investire nella società avrebbero sottoscritto l’aumento di capitale: in questo modo i soldi sarebbero finiti all’Aem e non a Roma. Ma anche questo nostra proposta non è stata presa in considerazione. Mi piacerebbe sapere perché.

     In pratica, se Milano non avesse venduto il 49% della sua azienda, oggi avrebbe le azioni, incasserebbe i dividendi, e avrebbe ricevuto dallo Stato italiano 420 miliardi. Invece c’è stata, diciamo così, una certa fretta di privatizzare l’Aem, dopo aver alzato il limite minimo di possesso dallo 0,5% proposto dalla Lega Nord per favorire un azionariato diffuso al 6%. E il bel risultato è che oggi Milano non ha più il 49% della sua azienda, non incassa i dividendi e ha ricevuto dallo Stato 420 miliardi in meno di quelli previsti nella legge finanziaria. Naturalmente nessuno parla di questa cosa. Anzi, il Corriere della Sera del 19 dicembre mette un titolone così: “Operazione mutui, Albertini vince la sfida con Roma”, perché finalmente, a dicembre, cinque mesi dopo la privatizzazione, e cinque mesi dopo che Montecitorio aveva approvato un ordine del giorno in questo senso dei deputati Grugnetti (Pensionati padani) e Giorgetti (Lega Nord), a Milano è stato concesso di estinguere anticipatamente un terzo dei suoi mutui con la Cassa Depositi e Prestiti con una penale di soli nove miliardi invece di 30. Ma intanto lo Stato non ha trasferito ai cittadini milanesi 420 miliardi, e io non sono per niente sicuro che nel 1999 riusciremo a recuperarli. Io sono scandalizzato. I giornali se ne stanno zitti, il Polo cita questo “bell’affare” negli auguri di Natale, i suoi elettori non sanno niente, non protestano, a Roma ridono e festeggiano e noi del Blocco Padano siamo gli unici che protestano: dunque siamo i soliti razzisti. La vedo sempre più nera.

     Buon anno.

 

IL COMUNE DI MILANO HA VENDUTO IL 49% DELL’AEM

ED HA “REGALATO” I SOLDI DELLA PRIVATIZZAZIONE A ROMA!

 

Miliardi di lire

 

Cosa è successo con la privatizzazione

 

Differenze

Cosa sarebbe successo se non si privatizza

Situazione della Tesoreria alla fine di luglio, il giorno prima della privatizzazione

89

 

89

Soldi della privatizzazione entrati sulla Tesoreria Unica a Roma

1.430

(1.430)

0

Mutui estinti con le banche “normali”

(320)

320

0

Mutui estinti con la Cassa Depositi e Prestiti

(168)

168

0

Penali pagate alla Cassa Depositi e Prestiti

(9)

9

0

Saldo netto delle entrate e delle uscite da luglio a dicembre (stima)

(359)

 

(359)

SOLDI TRASFERITI AL COMUNE DI MILANO DAL BILANCIO DELLO STATO

0

420

420

Stima della situazione della tesoreria al 31 dicembre 1998

663

(513)

150

Da questa tabella, che ho elaborato assieme al ragioniere capo del Comune di Milano, risulta che i benefici finanziari di questa privatizzazione non sono stati del Comune di Milano, ma dello Stato centrale. Milano di regali a Roma ne fa tanti ogni anno. Basta pensare ai 13.000 miliardi di tasse che paghiamo ogni anno. Ma quei regali li dobbiamo fare. Siamo obbligati. Invece questi 1.430 miliardi potevamo proprio fare a meno di regalarli a Roma!!!