Federalismo alla romana

Pubblicato su LaPadania - 10 Giugno 1997

Se la situazione del Paese non fosse realmente tragica, con le pensioni a rischio, con la disoccupazione che aumenta e con le aziende sempre meno competitive. Se non ci fossero detentori del potere che usano le TV, i giornali, le leggi, la magistratura e anche la scuola (si veda il caso del giovane Edward Ballarin di San Donà di Piave) per “violentare” i cittadini che chiedono libertà, senza dimostrare la minima disponibilità a ragionare e a valutare le proposte di chi non fa parte delle loro bande.

Se la giustizia non fosse in vendita o al servizio della politica e delle ideologie. Se questo Stato non fosse incapace di gestire la situazione e di proporre soluzioni che stiano in piedi, se non ignorasse la legittima richiesta di libertà avanzata da 5 milioni di cittadini padani, se non fossimo cittadini di uno Stato che tra poco, molto probabilmente, sarà sommerso dalla incapacità di rimborsare il debito pubblico e di pagare le pensioni. Ebbene, se la situazione non fosse questa, a leggere alcuni documenti ufficiali preparati e discussi nei palazzi del potere romano ci sarebbe da ridere. Vediamone uno di questi documenti romani.

            E’ un documento molto recente, della settimana scorsa: si tratta del testo base presentato dal senatore D’Onofrio alla Commissione bicamerale per far diventare l’Italia uno Stato federale.

            Il testo di D’Onofrio di bello ha il titolo che è questo “ordinamento federale della Repubblica”. Io vi invito a leggere questo documento, e a discuterlo con la gente. Perché è un documento che dimostra senza possibilità di dubbio che a Roma di federalismo non ne vogliono nemmeno sentire parlare. Per ragioni di spazio qui di seguito commento solamente quattro punti: la libertà, i poteri delle regioni, i compiti dello Stato centrale e le tasse. Ma se leggerete il testo originale potrete trovare tante altre “perle”.

            Libertà. Federalismo vuole dire “patto”. E tutti sano che i patti hanno un senso solo se ci sono delle parti, dei contraenti, che liberamente decidono di firmarli. Ma è cruciale che i cittadini ed i loro rappresentanti siano liberi: se vogliono lo firmano, ma se non lo ritengono opportuno non lo firmano. Ebbene, nel testo di D’Onofrio di questa libertà, che è l’essenza del federalismo, non c’è nemmeno l’odore. O è così, o e così. Non è previsto nessun referendum sull’autodeterminazione.

            I cittadini non possono scegliere se starci o se non starci. Ecco perché dico che il federalismo in questo testo è solamente nel titolo.

Poteri delle regioni. E’ previsto che i consigli regionali deliberino i loro statuti, nei quali sono disciplinate le loro funzioni legislative. Bene, questo è giusto. Peccato che il testo approvato dalla Bicamerale prevede che gli statuti deliberati dai consigli regionali devono essere approvati dal Parlamento romano, Il che significa che gli statuti delle regioni, in pratica, saranno scritti dallo Stato centrale. Con buona pace anche di quelli che si accontenterebbero almeno di un piccolo decentramento.

Compiti dello Stato centrale. L’elenco dei compiti attribuiti allo Stato centrale nel Federalismo proposto dalla Commissione bicamerale è semplicemente incredibile. Forse l’unica cosa che potranno scegliere autonomamente i cittadini dello “Stato federale alla romana” è l’ora di andare a dormire la sera. Ma non ne sono nemmeno tanto sicuro. Il lunghissimo elenco dei compiti esclusivi dello Stato centrale lo potete leggere nella tabella 1. Tra i tanti, quello più bizantino, mi sembra il punto numero 11, che attribuisce allo Stato federale alla romana “l’ordinamento generale e la garanzia dei livelli minimi delle prestazioni relative ai diritti sociali”. A occhio mi pare che qui dentro ci stia tutto: assistenza, previdenza, sanità, mercato del lavoro, eccetera. Oltre a questo, come vedete nella tabella, questo “federalismo” prevede che lo Stato centrale è responsabile dell’ordine pubblico, delle tasse, dell’ambiente, dei beni culturali e di tante altre cose, ivi incluse le elezioni comunali. Con buona pace non dico dei federalisti, ma anche di quelli che vorrebbero almeno uno stato “più leggero”.

            Tasse. E infine veniamo ai quattrini. Da sempre la Lega propone l’inversione dei flussi fiscali: dunque le tasse si pagano ai Comuni, che trasferiscono in alto i soldi che servono per finanziare i compiti delle Province, delle Regioni, del governo federale, dell’ente per gli interventi di solidarietà, e per il bilancio dell’Unione europea. Questo è lo schema base, che può essere raggiunto anche ipotizzando tributi specifici: uno per l’Europa, uno per il governo federale e così via.

            Il testo del “federalismo alla romana” comincia bene perché c’è scritto che i Comuni, le Province, le Regioni e lo Stato hanno completa autonomia finanziaria.  Ma anche l’articolo sui poteri delle regioni cominciava bene. E’ un vecchio trucco: si comincia con una affermazione giusta, ma poi nel testo c’è tutto il contrario. Infatti l’articolo sulle tasse che saranno incassate dallo Stato centrale, invece di prevedere che si metteranno in comune solamente i soldi necessari per le spese generali (esempio: l’esercito) prevede che lo stato centrale incasserà le sue tasse per fare tre cose: 1) per finanziare le sue funzioni proprie. E su questo siamo tutti d’accordo. Ma poi, 2) il “federalismo alla romana” prevede che Roma incasserà i soldi per …restituirli, in parte, a Comuni, Province e Regioni di provenienza. Ma perché lo Stato centrale dovrebbe incassare dei soldi per poi restituirli? Che senso ha questa proposta? Ve lo spiego subito: il testo prevede che la restituzione avverrà in base a “criteri e parametri oggettivi” (certo: non possono mica scrivere che avverrà in base a parametri arbitrari), e questo, potete esserne sicuri, significa che qualcuno (indovinate chi) per ogni 100 lire mandate a Roma riceverà 10 mentre qualcun altro (indovinate chi) per ogni 100 lire mandate a Roma riceverà, in base a “criteri e parametri oggettivi”, 110, oppure 90. Questo è esattamente quello che sta succedendo oggi. Quello che non si capisce è cosa c’entra tutto questo con i federalismo. Ma non è finita. C’è ancora un terzo punto, che è questo: 3) lo Stato centrale incasserà imposte, tasse e tributi vari che utilizzerà per “perequazione e solidarietà, con particolare riferimento alle aree meno sviluppate, alle isole a al Mezzogiorno, al fine di potenziarne la capacità produttiva e la competitività internazionale”.

            Dunque rispetto a oggi non cambia niente, come volevasi dimostrare. Anche noi riteniamo che sia  necessario potenziare la capacità produttiva e la competitività internazionale delle isole e del Mezzogiorno, ma per raggiungere questo obiettivo invece di togliere risorse finanziarie alle imprese della Padania, obbligandole così a non investire, perdere competitività e chiudere, oppure a trasferirsi all’estero, noi proponiamo di dare alle isole e al Mezzogiorno più responsabilità ed una moneta più competitiva, in grado di attirare investimenti, imprese, turismo, di aumentare le esportazioni e di combattere la disoccupazione. Ma questa proposta evidentemente dà fastidio, oltre che alla mafia, anche a vari detentori del potere, che si rifiutano di discuterla pubblicamente. L’ultimo esempio ci viene dai giovani imprenditori della Confindustria, che Sabato scorso a Santa Margherita hanno invitato a un dibattito tutti i politici, da Fini a Bertinotti passando da Marini, e tutti i sindacalisti dello stivale, con due sole eccezioni: non è stato invitato un solo parlamentare della Lega Nord per l’indipendenza della Padania e non è stato invitato un solo rappresentante del Sin.Pa., il sindacato padano. Alla Confindustria  voglio ricordare che escludendo dai loro dibattiti i rappresentanti della Lega e del Sin.Pa. di fatto essa esclude 5 milioni di cittadini che il 25 di Maggio hanno testimoniato di aver capito e di sostenere la nostra proposta.

 

Allo Stato, secondo la Commissione bicamerale,

spetta la potestà legislativa in materia di:

Testo discusso il 21 Maggio 1997

Testo approvato il 3 Giugno 1997

1) Politica estera

1) Politica estera

2) Difesa e sicurezza

2) Difesa e sicurezza

3) Moneta

3) Ordine pubblico

4) Organi costituzionali dello Stato e relative leggi elettorali

4) Moneta

5) Elezione del Parlamento europeo

5) Organi costituzionali dello Stato e relative leggi elettorali

6) Bilanci ed ordinamenti contabili propri

6) Elezione del Parlamento europeo

7) Ordinamento civile, penale e relative giurisdizioni

7) Elezioni comunali e provinciali

8) Giurisdizione superiore amministrativa, contabile e tributaria

8) Bilanci ed ordinamenti contabili propri

9) Sicurezza personale

9) Giurisdizione superiore amministrativa, contabile e tributaria

10) Previdenza

10) Ordinamento generale dell’istruzione, dell’Università e della ricerca

11) Tutele dell’ambiente e dell’ecosistema

11) Ordinamento generale e garanzia dei livelli minimi delle prestazioni relative ai diritti sociali

 

12) Tutele dell’ambiente e dell’ecosistema

 

13) Tutela dei beni culturali e ambientali

 

14) Grandi reti di trasporto di comunicazioni, e di energia

Fonte:testi presentati alla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali dal Senatore D’Onofrio relatore sulla “Forma di Stato”.

Nota:Questa “proposta” realizzerebbe il federalismo e darebbe “autonomia” a Comuni, Province e Regioni. Pensate al grado di libertà e di autonomia che abbiamo oggi, prima di realizzare questa “proposta”. Pensate che qualcuno ha detto che questa proposta è “eccessivamente federalista” (!?). E pensate infine a quel che è accaduto al giovane studente di San Donà di Piave (Edward Ballarin), che in un tema in classe ha “osato” parlare di indipendenza. Il professore (Carmine G.), gli ha assegnato un voto del 4 e ½ perché l’elaborato era insufficiente per contenuto e forma. Non ho elementi per giudicare l’ortografia, ma il contenuto mi sembra assolutamente corretto e maturo. Un bravo a Edward e al suo papà Gianni che ha saputo insegnare ai suoi figli il valore della parola “libertà”, a ragionare con la loro testa, e ad avere il coraggio di esporre e difendere le proprie idee.