Il cane che si morde la coda
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PUBBLICATO su LaPadania - 17/06/1997
L'ISTAT ha pubblicato da poco il suo "rapporto annuale sulla situazione del paese".
Il capitolo sulla “ricerca del lavoro” é interessante, anche perché contiene dichiarazioni di questo genere: "...il 39,4% dei disoccupati si dichiara disposta a lavorare esclusivamente nel comune di residenza, il 37,4% dichiara di accettare un lavoro anche in un comune limitrofo, mentre il 23,2% é disponibile ad allontanarsi dal proprio comune."
e inoltre : "...i disoccupati meridionali richiedono un salario di poco superiore alla media nazionale."
Sono dichiarazioni che mi hanno sorpreso. Ma come? Se io fossi disoccupato sarei disposto a fare i salti mortali pur di trovare un lavoro : se no come faccio a mandare avanti la famiglia? Altro che “lavoro nel comune di residenza” o “stipendio superiore alla media”. La spiegazione a queste affermazioni l'ho trovata dopo, in un altro capitolo del rapporto ISTAT intitolato "stime e tendenze di medio periodo dell'economia sommersa" . E’ un capitolo che tratta del lavoro nero e che fornisce tante informazioni interessanti. Eccone una :
- "...nel 1996 il lavoro non regolare si attesta intorno ai 4 milioni e 975 mila unità di lavoro, a fronte di circa 17 milioni e 298 mila unità , e rappresenta il 22,3% del volume di lavoro complessivamente impiegato nella produzione di beni e servizi...."
E’ una cifra incredibile . Nel rapporto dell'ISTAT purtroppo non c'é un prospetto con dei numeri che ci facciano vedere in quali regioni c'é tutto questo lavoro nero . Ed é logico : questo prospetto , se ci fosse, farebbe toccare con mano a chiunque che questo paese é già profondamente diviso in due. Non c'é il prospetto con i numeri e le percentuali , però ci sono almeno queste informazioni , che fanno capire che il vero lavoro nero é quasi tutto concentrato nel Mezzogiorno :
- "... la componente non regolare nel Mezzogiorno si caratterizza per una rilevante presenza di occupati irregolari e di stranieri non residenti; al Centro-Nord sono le seconde attività lavorative che hanno una rilevanza maggiore , mentre gli irregolari rappresentano una quota più ristretta delle unità di lavoro complessive."
Questo problema é presente anche nelle “considerazioni finali “ del governatore della Banca d’Italia : “nel Mezzogiorno il numero dei rapporti di lavoro non regolari é in proporzione molto più rilevante; negli ultimi anni é salito in conseguenza del ristagno dell’economia.”
In chiusura del rapporto ISTAT c'é anche questa perla , che ci fa capire 1) a quali livelli arriva, in certi casi, il fenomeno del lavoro irregolare, 2) che si potrebbe facilmente intervenire, ma in realtà non si vuole intervenire, e 3) perché a Roma difendono con i denti il Ministero dell'Agricoltura, che sopravvive a tutte le critiche e a tutti i referendum :
- "...in particolare nel Mezzogiorno le unità di lavoro non regolari nel settore agricolo raggiungono l'82,5% delle unità di lavoro complessive..."
Ebbene si, sembra incredibile ma avete letto bene : nel rapporto annuale ISTAT c'é proprio scritto 82,5%. Pagina 170 . Vedere per credere.
Il fenomeno del lavoro nero non é mai discusso da Polo , Ulivo e dagli altri partiti romani . Qualcuno , se proprio deve parlarne, dice che "é una necessità, perché l'economia del Mezzogiorno é ancora troppo debole". In generale preferiscono continuare a declamare che nelle regioni meridionali dell'Italia "una, unita e indivisibile" non ci sono imprese, mancano le infrastrutture, c'é disoccupazione , e per questo dobbiamo essere solidali, dobbiamo trasferirgli sempre più quattrini , e non dobbiamo fargli pagare troppe tasse.
Ragioniamo un pò su questa situazione , partendo da un dato di fatto : le regioni del Mezzogiorno non generano ricchezza ufficiale. Non c'é crescita e non c'é sviluppo , con l'ovvia conseguenza che dal Mezzogiorno l'INPS incassa pochi contributi sociali e l'erario incassa poche tasse.
Certo, in presenza di una quota significativa di lavoro nero l'erario dovrebbe incassare dal Mezzogiorno almeno le imposte indirette, come l'IVA. Ma non facciamoci illusioni : in uno studio del Secit pubblicato nel Luglio del 1995 c'é la classifica delle province che evadono l'IVA, e le prime 27 province di questa speciale classifica erano 27 province meridionali.
Ma l'INPS ha comunque bisogno di incassare i contributi sociali : se no , come fa a pagare le pensioni?
E l'erario ha comunque bisogno di incassare le tasse : se no come fa a pagare gli interessi passivi, le pensioni degli statali, a trasferire i soldi necessari per la gestione dei Comuni, delle Province e delle Regioni, visto che le tasse le incassa tutte lo Stato centrale . E come fa a pagare l'inutile esercito di burocrati di stanza a Roma o in missione nelle colonie della Padania (questori, prefetti, segretari comunali, e via dicendo)?
Erario e INPS dunque devono comunque incassare dei quattrini. Ecco allora che da questi incredibili dati sul lavoro nero concentrato nel Mezzogiorno derivano tre cose :
1. La pressione fiscale sui lavoratori dipendenti assunti regolarmente , cioè che non lavorano in nero, sta diventando la più alta del mondo (per forza, visto che a chi lavora in nero il datore di lavoro non trattiene di certo l'IRPEF da versare all'erario , e allora, per forza di cose, ecco che aumentano le tasse a carico dei lavoratori assunti regolarmente) .
Questo significa che grazie al lavoro nero nel Sud aumenta il costo del lavoro per le aziende della Padania . Gli stipendi lordi sono alti , e gli stipendi lordi per le aziende sono dei costi . Sono soldi che escono e che quindi non sono disponibili per gli investimenti , per le assunzioni , per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti. In breve, per cercare di essere competitivi , in modo da poter continuare a lavorare .
Poi , di questo costo che viene pagato dalle loro aziende , lo sapete benissimo, i lavoratori della Padania si mettono in tasca solamente poche lire : la differenza va tutta allo Stato , che in questo modo fa pagare ai lavoratori regolari le tasse che non pagano i lavoratori in nero.
2. Ma non ci sono solo le tasse. Anche i contributi sociali a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro della Padania sono tra i più alti del mondo.
Ed é solamente logico, visto che in presenza di lavoro in nero il datore di lavoro ed il lavoratore non versano i contributi sociali all'INPS.
Però l'INPS ha bisogno di quei quattrini : altrimenti non riuscirebbe a pagare le pensioni.
E così , alé, giù con aliquote dell'altro mondo per i contributi previdenziali a carico dei lavoratori assunti regolarmente ed a carico delle aziende della Padania che li assumono.
Ho detto a carico delle aziende della Padania, perché non dimenticate che a favore delle aziende regolari del Mezzogiorno c'é ancora l'istituto della fiscalizzazione degli oneri sociali, che permette di non versare tutti i contributi sociali all'INPS. Per la cronaca, gli "sgravi contributivi a favore delle imprese operanti nel Mezzogiorno" sono stati 7.425 miliardi nel 1996 e saranno 6.537 miliardi nel 1997 (fonte : la relazione trimestrale di cassa consegnata da Ciampi alla Camera e al Senato il 2 Aprile 1997).
Questo comporta due conseguenze :
1)per le imprese della Padania aumenta il costo del lavoro , e quindi diminuisce la loro competitività.
2)per i lavoratori ci sono meno soldi in busta paga : dunque, meno consumi. Negozi che chiudono . Ordini che non arrivano alle imprese. Imprese che mettono in cassa integrazione o che chiudono. E Prodi e Ciampi tutti contenti annunciano che "non c'é più inflazione, e quindi entreremo in Europa."
3. E infine ci sono le aziende. Quelle che fanno lavorare in nero naturalmente vendono anche in nero. I bilanci e le dichiarazioni dei redditi o non li fanno, o li fanno completamente falsi. E naturalmente non pagano le tasse. Ma come ho detto prima lo Stato italiano ha comunque bisogno di quei quattrini, e così le tasse che non pagano le aziende che evadono le fa pagare alle aziende regolari, quelle che non evadono. Le fa pagare mantenendo aliquote altissime e non considerando fiscalmente detraibili tante spese che le aziende devono sostenere per produrre e per vendere. Sarà un caso, ma se guardiamo le statistiche delle entrate dello Stato italiano regionalizzate, vediamo che le Regioni della Padania hanno versato a Roma più del 70% di tutte le tasse a carico delle società (IRPEG, ILOR e compagnia bella).
Finora abbiamo visto queste conseguenze : i lavoratori regolari si mettono in tasca meno soldi e le imprese fanno meno utili. Ma l'analisi non può fermarsi qui , perché se ci pensate bene se le conseguenze fossero “solamente” queste , saremmo in presenza solo di una enorme ingiustizia, ma in Padania ci sarebbe comunque da lavorare.
Ma di questo passo tra poco in Padania non avremo più lavoro. Infatti :
1) con questo costo del lavoro e con queste tasse le imprese dove nel costo dei prodotti finiti c’é tanta lavorazione, tanta mano d’opera, ed i cui cicli produttivi sono semplici, non riescono più ad essere competitive. Se sono abbastanza forti chiudono e se ne vanno in paesi più civili : Tunisia, Polonia, eccetera. Se non sono abbastanza forti, chiudono e basta. E questo genera disoccupazione in Padania.
2) con questa pressione fiscale le imprese "capital intensive" ( quelle che devono investire per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti ) non sono più in grado di fare investimenti. Giorno dopo giorno le imprese della Padania stanno irrimediabilmente uscendo dall'elettronica avanzata, dalla chimica fine, dalla farmaceutica , da tutti i campi che richiedono investimenti per sviluppare prodotti e tecnologie avanzate. E anche questo genera disoccupazione in Padania.
A Roma di queste cose non parlano mai. Come potete sentire dalle loro TV e come potete vedere sui loro giornali a Roma sono capaci solo di pubblicare bilanci e previsioni truccate, oppure di parlare di premierato, semipresidenzialismo, doppio turno o premio di maggioranza. Il loro unico problema é quello di dare meno peso ai voti della Lega Nord , e intanto lavorano per distruggere l'economia della Padania. Si, io ho veramente l’impressione che stiano tentando scientificamente di fare chiudere le imprese della Padania. E ci stanno riuscendo, perché continuando in questo modo, con queste tasse , queste leggi e questa burocrazia, le aziende della Padania saranno sempre meno competitive , e presto avremo una disoccupazione uguale o superiore a quella del Mezzogiorno.
Ecco perché dobbiamo accelerare la nostra marcia per l'indipendenza della Padania. Da Pontida il 29 Giugno dovrà alzarsi un grido : "adesso basta !"
Dovrà essere gridato da milioni di cittadini , e dovrà essere così forte da rompere i vetri dei palazzi romani e convincere i responsabili del partito unico di “ Roma Polo e Roma Ulivo” a ragionare. Devono capire che in questo modo non é più possibile andare avanti. Che non possono continuare a negare ai popoli della Padania il diritto di essere liberi, di fare parte dell’Unione Monetaria , e di amministrarsi con leggi coerenti con la loro cultura ,che é lontana anni luce dalla cultura e dalla prassi romana.
Giancarlo Pagliarini