Aveva ragione nonna Carlotta

PUBBLICATO su LaPadania - 09/06/1998

Secondo me succede a tutti : durante la settimana ci capita tra le mani un bel lavoro da fare, oppure vediamo un articolo o un documento interessante da leggere,  ma non c'é mai  tempo, perché bisogna tirare la carretta. Allora lo mettiamo in un angolo e promettiamo a noi stessi di farlo "domenica ventura", con un pò di calma.

Tra le "cose da leggere"  di domenica scorsa avevo due relazioni in qualche modo collegate tra di loro: quella che Benito Benedini ha letto il 2 Giugno all'assemblea generale  dell'Assolombarda e quella che il suo capo , Giorgio Fossa aveva letto pochi giorni prima, il 21 Maggio,  all'assemblea annuale della Confindustria.

Questi, e purtroppo anche tanti altri documenti "ufficiali", hanno sempre una caratteristica comune, che a me fa sempre girare le scatole: tutti, chi più chi meno, identificano ed evidenziano  grossi e drammatici problemi, ma porca miseria non ce ne é mai uno che dica chiaramente cosa bisognerebbe fare secondo lui per risolvere questi problemi , e quali sono le conseguenze ed i costi delle sue proposte.

Esempio: il Presidente della Confindustria dice e scrive :"Ma al sindacato chiediamo anche di impegnarsi assieme a noi per eliminare un'altra delle tante assurdità del sistema italiano. Mi riferisco al fatto che i livelli di retribuzione netta dei nostri lavoratori siano così bassi rispetto al carico complessivo del costo del lavoro. Dovremo fare fronte comune presso il governo perché si riduca il cuneo fiscale e contributivo che determina questa eccessiva disparità".

Bene. Bravo. Magnifico. Ma il Presidente della Confindustria  dimentica una cosa  : di dire perché c'é questo " cuneo fiscale " , cosa bisogna fare secondo lui  per ridurlo , e  "chi paga".

Lasciatemi spiegare. La frase "i livelli di retribuzione netta dei nostri lavoratori sono  bassi rispetto al carico complessivo del costo del lavoro" significa che a fronte di un costo di 100 lire  che le aziende devo pagare (queste 100 lire rappresentano il "carico complessivo del costo del lavoro" ) in tasca al lavoratore dipendente di lire ne entrano, per esempio, solamente 45 (queste 45 lire rappresentano  "il livello di retribuzione netta dei nostri lavoratori"). Le 55 lire di differenza tra il costo delle aziende e i quattrini  che entrano nelle tasche dei  lavoratori sono soldi che vanno  a Roma : un po’ all'erario per le tasse e un pò all'INPS per le pensioni.

Questa differenza in Italia é la più alta del mondo. Ripeto : la più alta del mondo. Se non ci credete , guardate la tabella qui di fianco, così vi convincete. La tabella va letta in questo modo : prendiamo tre lavoratori dipendenti che alla fine del mese si mettono in tasca la stessa cifra : 100 Euro. Uno lavora in Italia, l'altro in Spagna e l'altro in Irlanda. Il datore di lavoro a quei 100 Euro che dà al suo dipendente deve aggiungere altri Euro,  per tasse e contributi sociali, che il suo dipendente non vedrà mai, ma che lui, il datore di lavoro, deve comunque pagare. Bene, guardate la tabella: per ogni 100 Euro "aggiuntivi" che deve pagare l'azienda italiana, quella spagnola ne deve tirare fuori 81,4 e quella irlandese 39,2.

Dunque a parità di soldi che entrano nelle tasche dei lavoratori questa Italia é lo Stato con il maggior costo del lavoro del mondo !!! Ma questo il nostro giornale lo scrive praticamente dalla prima volta che siamo andati in edicola.

Il concetto é stato ripreso anche dal Presidente dell'Assolombarda, Benito Benedini, che ha detto che l'Italia (e anche la Padania , ma questo lo aggiungo io: Benedini non lo ha detto, il che significa che in realtà questa situazione gli sta bene e non la vuole cambiare) ha "il primato per la differenza tra costo complessivo sopportato dalle imprese e retribuzione netta incassata dal lavoratore.

Ma sollevare il problema non basta. Anche nei bar si mugugna e si enunciano lunghi rosari di problemi e di cose che non funzionano.

Una classe dirigente  responsabile dovrebbe identificare le cose da cambiare (e questo é abbastaza faciile)  e fare proposte concrete per risolverli. Certo che quando senti il Presidente di Confindustria dire che "dovremo fare fronte comune con i sindacati  presso il governo perché si riduca il cuneo fiscale e contributivo che determina questa eccessiva disparità" senza aggiungere nient'altro,   ti viene  da piangere. Ti viene il "latte alle ginocchia", come diceva in milanese la mia nonna Carlotta. E questa sarebbe la classe dirigente?

E chiaro che se l'erario e l'INPS non incassano quei soldi, quelle 55 lire,  succederà qualcosa:  o non si pagano più le pensioni, o si chiudono le scuole, o si aumentano i ticket della sanità. Oppure  si aumentano le tasse. Oppure si firma il trattato di separazione consensuale. Non ci sono santi : altre possibilità non ce ne sono. Ecco perché Confindustria solleva il problema ma non ha il coraggio di prendersi  la responsabilità di proporre soluzioni e di evidenziare  i costi sociali della soluzione .

Noi su LaPadania  questo problema lo abbiamo già evidenziato tante volte, e abbiamo avuto il coraggio civile di proporre  la soluzione. E' stato un atto di coraggio civile  che ci é costato e che ci costa , ma non ha senso sollevare problemi senza proporre soluzioni , come invece fa Confindustria e come fanno tutti i partiti politici.  Credetemi, é  veramente  sconfortante  vedere che dopo anni luce arrivano  belli belli i padroni del vapore a dire che effettivamente c'é quel problema. Sul quale il nostro giornale  ha già versato fiumi di inchiostro.

Confindustria non propone nessuna soluzione concreta, salvo quella di "una riduzione strutturale nel Mezzogiorno del carico fiscale" (e chi la paga?). E giù tutti ad applaudire.

E'  sconfortante perché se TV e giornali dessero un minimo di spazio in più agli uomini , alle idee e alle proposte della Lega Nord  per l'indipendenza della Padania, i cittadini sarebbero molto più consapevoli e il dibattito sulle "cose da fare" sarebbe molto più serio. Invece la TV , che in teoria dovrebbe offrire un servizio pubblico, ci regala ogni giorno i Prodi, i Veltroni ed altri emeriti "casciabal" che sfoggiano sorrisi e garantiscono che tutto va bene.

E intanto Giovedì scorso la Fitch-Ibca, che é la terza agenzia mondiale di rating  ( dopo Moody's e Standard and Poor's. Ma  la Ibca é la prima agenzia di rating in Europa) declassa le prospettive dell'Italia e del suo debito pubblico,  spostando  suo giudizio da "neutrale " a "negativo" . Probabilmente hanno sentito qualche discorso di Prodi ,  o di Visco , o di questa Confindustria  incredibilmente terrorizzata ed appiattita sull' Ulivo, sulle cose da  fare   per sviluppare l'economia nel Mezzogiorno.

 

Giancarlo Pagliarini