Responsabili e autonomi, l'obiettivo non cambia
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Pubblicato su LaPadania - 01 Febbraio 2000
L’altro giorno una radio di Roma mi ha chiesto 1) se “avete definitivamente rinunciato alla secessione? ”, e 2) “come fate ad allearvi con Berlusconi dopo che per anni avete affermato che è un delinquente mafioso? ”
Queste sono più o meno le domande che in questi giorni la gente, leghisti e no, fa a tutti i deputati della Lega Nord.
Alla prima domanda, quella sulla secessione, ho già risposto tante volte sul nostro giornale, ricordando che nel caso della Lega la gente (spesso in buona fede) alcuni giornalisti, politici ed altri addetti ai lavori (a volte non in buona fede) hanno fatto e continuano a fare una gran confusione tra il fine ed i mezzi.
Il nostro fine è ed è sempre stato quello di introdurre un maggior senso di responsabilità nel paese. Questo obiettivo, tradotto in linguaggio amministrativo, significa dare più autonomia finanziaria e legislativa al sistema che oggi è formato da una Regione, dalle sue Province e dai suoi Comuni, con i risultati concreti di 1) cambiare la cultura del paese in modo da avere meno assistenza e meno lavativi e più responsabilità, più opportunità e cittadini più maturi e consapevoli, 2) di eliminare il monopolio dello Stato nella gestione dei servizi per i cittadini, e 3) di organizzare il paese in modo che ognuno sia “padrone a casa sua”. Questo è l’obiettivo della Lega, e questo obiettivo non è mai cambiato. Secessione, federalismo, devoluzione graduale di poteri, Parlamento del Nord, Ministero per la questione Settentrionale, province autonome, alleanze con D’Alema, Berlusconi, Pippo o Pincopallino non sono altro che mezzi che abbiamo utilizzato, nel rispetto delle regole della democrazia e del principio della non violenza, per realizzare il nostro obiettivo. Che ha un solo grande difetto: modificherebbe la mappa del potere, ed è per questo che i detentori del potere ci hanno sempre ostacolati e continuano a farlo. Questo è un punto importante, e spero veramente che sia chiaro a tutti.
Per quanto riguarda la seconda domanda, le alleanze possono essere di tre tipi a) PER qualcosa, b) CON qualcuno, e c) per non morire.
Le alleanze del primo tipo, quelle che non sono CON qualcuno, ma PER qualcosa, sono di gran lunga le più difficili, perché sono quelle più serie, più tecniche e più professionali. In pratica in questo tipo d’alleanze ogni contraente ha l’obbligo di far capire agli altri quale è il suo obiettivo, e con quale strumento tecnico, vale a dire con quali leggi, intende realizzarlo. Naturalmente con l’aiuto degli alleati, perché senza di loro le leggi non passerebbero. Questo tipo d’alleanze si fanno proprio per questo. Faccio un esempio. Se i capi di due partiti A e B, discutessero di un’alleanza PER qualcosa, il segretario di A dovrebbe consegnare al segretario di B, oltre ai soliti programmi e alle solite dichiarazioni di principio sulle quali sono sempre tutti d’accordo, anche i testi delle leggi più importanti che lui vorrebbe fare approvare. E il segretario di B dovrebbe fare lo stesso. Le due parti a questo punto dovrebbero letteralmente far “passare ai raggi X” i testi delle leggi, facendole controllare dai loro uffici studi e dai loro consulenti. Poi discuteranno e concorderanno eventuali modifiche, e alla fine firmeranno l’accordo, che, per quanto riguarda i programmi, le dichiarazioni di principio e i testi delle leggi concordate dovrà essere reso pubblico, in modo che in futuro non siano possibili incomprensioni oppure diverse ed arbitrarie interpretazioni del lavoro da fare. L’accordo dovrà prevedere l’impegno da parte di ognuno di fare tutto quello che sarà in suo potere per fare approvare dal Parlamento, senza emendamenti, le leggi concordate. Quei testi poi saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e l’accordo dovrà contenere l’impegno delle parti di rispettarli e di fare il possibile per farli rispettare.
Sere fa, ad un incontro pubblico, un rappresentante dei Giovani Padani mi ha detto di aver mandato una lettera a Bossi per raccomandargli di inserire negli accordi con il Polo, di cui parlano i giornali in questi giorni, la creazione del Parlamento del Nord. Gli ho fatto notare che in presenza solamente di un generico riferimento ad un Parlamento del Nord ci sarebbe il pericolo che poi qualcuno affitti una stanza d’albergo, ci scriva sopra “Parlamento del Nord” e ti sfidi a dimostrare che non ha rispettato gli accordi. In quest’esempio sarebbe necessario che una parte integrante dell’accordo assuma la forma di una legge costituzionale che preveda la costituzione del Parlamento del Nord, la sua composizione, i suoi poteri e la regolamentazione dei rapporti con le Regioni e con il parlamento di Roma.
Ecco perché in questo tipo di “accordi PER qualcosa” è assolutamente irrilevante chi sono le controparti: possono essere galantuomini oppure delinquenti, possono essere di destra o di sinistra, possono essere belli oppure brutti: non importa. Importa che noi si accetti le leggi che loro vogliono portare in Gazzetta Ufficiale con il nostro aiuto, e viceversa che loro accettino le nostre.
Voglio anche dire che in una ipotesi di questo genere io, potendolo fare, non chiederei né un generico Parlamento del Nord né una generica “devolution”, ma farei tutto il possibile per negoziare una legge Costituzionale molto dettagliata che includa l’identificazione delle date da cui avrebbero effetto le modifiche alla Costituzione previste dalla legge stessa e l’identificazione delle cose da fare mese dopo mese per rendere operative le modifiche alla Costituzione. Nel giro di cinque anni questa legge Costituzionale dovrebbe realizzare tre obiettivi: 1) l’Italia dovrebbe diventare una Repubblica Federale composta dalle attuali Regioni, che naturalmente potranno, in ogni momento, dividersi, unirsi, insomma fare, attraverso liberi referendum, quello che vorranno i loro cittadini , 2) il patto federale, liberamente firmato dalle attuali Regioni, dovrebbe prevedere che nella Repubblica federale italiana almeno il 70 per cento di tutte le tasse devono restare sul territorio ed essere gestite dalle attuali Regioni, Province e Comuni , e infine 3) il patto federale liberamente firmato dalle attuali Regioni dovrebbe prevedere che non ci potrà più essere nessun monopolio pubblico, né dello Stato federale né dei soggetti federati (le attuali regioni) nel rendere i servizi ai cittadini. Mi riferisco naturalmente a scuola, sanità, pensioni, ordine pubblico, poste, trasporti, burocrazia, eccetera. La mano pubblica potrà essere attore nella gestione di questi servizi solo se saprà essere più efficiente dei privati con i quali dovrà essere in concorrenza.
Naturalmente per ora questo è solamente un sogno: per realizzarlo servirebbe una maggioranza del 75 per cento. Io sono convinto che prima o poi ce la faremo, perché so che questo è anche il sogno di moltissimi cittadini, sia del Nord che del Sud. Intanto è ovvio che qualsiasi altro accordo che vada in questa direzione sarà utile e sarà il benvenuto. Ma secondo me è importante che assuma anche la forma di disegni di legge, in modo che in futuro non siano possibili interpretazioni arbitrarie dei termini dell’accordo.
Il secondo tipo di allenze, quelle CON qualcuno, hanno tutta un’altra natura: ci si allea con qualcuno perché ci piace, ci è simpatico, si ha l’impressione che andremo d’accordo. Ma poi c’è il pericolo, anzi la certezza, che il giorno dopo aver vinto le elezioni non si sappia cosa fare. Questo pericolo secondo me ci sarebbe anche se gli argomenti sui quali si costruisce un accordo non assumessero la forma di una legge, con i suoi bravi articoli, relazione tecnica e date. Alleanze generiche CON qualcuno, o CONTRO qualcuno, avrebbero più il sapore di alleanze per il potere che per realizzare gli scopi per i quali la Lega è nata ed ha lavorato in tutti questi anni.
Infine c’è la terza categoria di alleanze, quelle fatte “per non morire”. Una nuova legge elettorale maggioritaria scritta in funzione esclusivamente anti-Lega potrebbe avere l’effetto di obbligarci ad aderire ad un accordo di questo terzo tipo.
Tutte queste cose Bossi le sa perfettamente, come pure le conoscevano perfettamente i delegati che al congresso di Varese dello scorso mese di Luglio gli hanno dato il mandato e tutti i poteri necessari per valutare il problema delle alleanze e concludere quelle che riterrà più opportune per avvicinarci sempre di più al nostro unico obiettivo: essere “padroni in casa nostra”, con maggiori responsabilità legislative e finanziarie, e vivere in un paese più serio, più severo, caratterizzato da maggior senso di responsabilità collettiva e senza monopoli dello Stato, dei sindacati o di chiunque altro.
Giancarlo Pagliarini