Documento di intenti
Premessa: qui di seguito potete leggere la “Dichiarazione di intenti sulla “ necessità di una Costituzione federale per salvare l’Italia” che mi è stata consegnata firmata da Daniela Santanché l’8 di Marzo.
L’unica differenza con il documento originale è questa: ho evidenziato e sottolineato alcuni punti particolarmente significativi.
Senza questo documento non avrei accettato la candidatura con La Destra, perché avrei chiesto voti per un progetto (la riforma federale) non formalmente condiviso dai vertici del partito che presenta la mia candidatura: in questo modo avrei imbrogliato gli elettori.
Giancarlo Pagliarini, 30 Marzo 2008
Per | Giancarlo Pagliarini | |
Da | Daniela Santanchè e Francesco Storace | |
Data | 8 Marzo 2008 | |
Oggetto | Dichiarazione di intenti sulla necessità di “una Costituzione federale per salvare l’Italia” |
Il nostro Paese uscirà dalle difficoltà che lo attanagliano, soltanto se farà un salto di qualità, adottando una nuova Costituzione federale.
Questa riforma è necessaria e urgente perché la verità è che siamo in emergenza. Nel 1992 per poter pagare gli stipendi dei suoi dipendenti e per poter trasferire all’INPS e agli altri enti previdenziali le risorse necessarie per pagare le pensioni, lo Stato ha dovuto prelevare soldi dai conti correnti dei cittadini. Dal 1992 ad oggi non sono state fatte le necessarie riforme, salvo qualcosa sulle pensioni. Non per senso di responsabilità ma sotto la spinta dell’emergenza e col solito cinico egoismo. Nella circostanza i costi, come sempre, sono stati posti a carico dei giovani e delle generazioni future.
Adesso la situazione è, se possibile, ancora peggiore del 1992. L’indice di povertà delle famiglie italiane continua a peggiorare e siamo sempre più poveri e meno competitivi.
Eppure le caratteristiche fisiche, intellettuali e culturali delle persone che risiedono nei confini della nostra Repubblica non sono significativamente diverse da quelle dei nostri concittadini europei. Il punto è che il paese è organizzato male e la cultura politica dominante è quella della “irresponsabilità istituzionalizzata”.
I danni generati dal governo Prodi sono sotto gli occhi di tutti. Cambiare Governo ed una parte significativa dei membri del Parlamento era necessario ed urgente. Tuttavia solo questo, ormai, non è più sufficiente: per salvare la Repubblica italiana dal declino è altrettanto necessaria ed urgente una profonda riorganizzazione del paese. La Costituzione del 1948 deve essere aggiornata perché sono cambiati lo scenario e le esigenze. La “Repubblica italiana” deve diventare la “Repubblica Federale italiana.”
Questo non significa “Nord contro Sud” , ma più responsabilità , più efficienza, più concretezza, modernità e competitività del sistema paese. E più “accountability”, vale a dire più trasparenza anche contabile e cultura della “resa di conto”. Meno chiacchieroni, ideologie, “caste” di politici, burocrati e azzeccagarbugli. E soprattutto meno intermediazione dello Stato e meno liti tra gli “addetti ai lavori” della politica : non siamo qui per gestire il potere ma per servire i cittadini.
I principi più significativi che dovranno caratterizzare il nuovo contratto federale sono quelli esposti qui di seguito.
Primo. Ridurre il peso della “intermediazione” statale. Le Regioni e gli enti locali non dovranno aspettare in ginocchio di ricevere trasferimenti ed elemosine dallo Stato. Perché i soldi delle tasse non saranno dello Stato, come dichiarano i comunisti quando affermano che “le tasse non sono a dimensione regionale ma nazionale”. Dovrà essere vero il contrario. Lo Stato dovrà operare anche come “fornitore di servizi ai cittadini”. I soldi delle tasse saranno del territorio che ne trasferirà una parte allo Stato per comperare i suoi servizi: esercito, presidenza della Repubblica, Parlamento eccetera. I cittadini, a differenza di oggi, saranno più rispettati e diventeranno più consapevoli. Quando pagheranno per “i servizi che ricevono dallo Stato” si chiederanno immediatamente se questi servizi ci sono e se valgono i soldi che stanno pagando. Così capiranno meglio, perché lo toccheranno con mano, se effettivamente stanno “comperando” servizi dallo Stato oppure se con quei soldi stanno invece mantenendo le “caste” dei politici, dei burocrati, di quelli che non vogliono le liberalizzazioni e dei tanti altri mantenuti dalla collettività.
Secondo. Come tutti i fornitori anche lo Stato, salvo pochissime attività, non potrà agire in regime di monopolio. Infatti senza concorrenza i suoi servizi (pensiamo per esempio all’istruzione o al sistema pensionistico) non potranno che continuare ad essere non sempre di buona qualità e insostenibilmente costosi. Con la riforma che proponiamo alcuni poteri, responsabilità e risorse finanziarie non saranno più, come oggi, di uno dei componenti della Repubblica (lo Stato), ma saranno di altri componenti (le Regioni e i Comuni). Si resterà sempre all’interno della Repubblica e la sua unità non verrà toccata. Ma la sua organizzazione sarà modificata e resa più responsabile e più efficiente.
Alla “casta” dei detentori del potere questa proposta non va bene. Perché da sempre essi utilizzano lo Stato per gestire il loro potere. La proposta de La Destra modifica la mappa del potere: lo toglie alle “caste” dei politici e dei burocrati e lo trasferisce più vicino ai cittadini
Terzo: la regola della parità. Lo Stato e le regioni dovranno avere identica dignità. Sarà necessario identificare i compiti legislativi (la identificazione dei grandi principi) e i pochi compiti operativi (per esempio l’esercito) dello Stato. Tutte le altre leggi e tutti gli altri compiti operativi dovranno essere responsabilità delle singole Regioni. Anche in concorrenza tra di loro.
Quarto. La competizione. Questo è il cuore della riforma: con questo principio si genera responsabilità ed efficienza. Abbiamo detto che “tutte le altre leggi e tutti gli altri compiti operativi dovranno essere responsabilità delle singole Regioni. Anche in concorrenza tra di loro.” Questo riguarderà tutte le leggi di attuazione dei grandi principi presenti nella Costituzione e via via indicati dalle leggi dello Stato, e anche le tasse. Con le tasse nazionali si pagheranno i servizi dello Stato e si metteranno delle risorse in un piatto comune per finanziare la solidarietà. Tutte le altre tasse saranno stabilite e gestite dalle Regioni in concorrenza tra di loro. Questo è il principio della concorrenza fiscale tra le Regioni. Nelle Regioni dove si deciderà di dare direttamente tanti servizi ai residenti ( cittadini, imprese, associazioni ecc) la pressione fiscale sarà superiore alla pressione delle Regioni dove gli amministratori amministreranno in modo più oculato, oppure decideranno di dare meno servizi, oppure sapranno coinvolgere in modo più intelligente ed economico di altre regioni i privati. Ferma restando naturalmente la tutela dei diritti civili e sociali di tutti i cittadini. Dovrà essere pubblicata la classifica della “pressione fiscale” nelle Regioni. Non sarà "caos" ma sarà gara a chi amministra meglio, a chi saprà applicare nel modo più efficace il principio di sussidiarietà, a chi riuscirà meglio a delegare, responsabilizzare e controllare. Sarà gara a dove la qualità della vita è migliore, a dove si attirano più investimenti e a dove c'è più sicurezza e meno ladri a piede libero.
Quinto. Responsabilità. Quello che abbiamo descritto modificherà l’assetto della Repubblica e cancellerà finalmente il principio della “irresponsabilità istituzionalizzata” che ha caratterizzato per troppi anni la nostra vita pubblica, facendoci rotolare agli ultimi posti di tutti i più importanti confronti internazionali, dall’indice di libertà economiche della Heritage Foundation alla classifica di competitività del Word Economic Forum. L’indice di povertà delle famiglie italiane continua a peggiorare. Siamo sempre più poveri e meno competitivi perché il paese è organizzato male e il principio prevalente è quello della “irresponsabilità istituzionalizzata”. Non è mai colpa di nessuno e chi sbaglia non paga mai. Ecco perché non basta cambiare governi e membri del Parlamento: è necessaria una diversa organizzazione del paese.
Sesto. Solidarietà. Il contratto federale che proponiamo prevede che tutti i cittadini accettino consapevolmente di pagare la “tassa per la solidarietà” il cui gettito andrà in un "piatto comune". Si calcolerà il PIL medio pro-capite nazionale. Le regioni che lo supereranno non riceveranno niente. Quelle dove si genererà un PIL pro capite inferiore alla media nazionale incasseranno quote della "tassa per la solidarietà", a condizione che non vi sia significativa evasione fiscale e contributiva. I calcoli non saranno effettuati sulla base dei valori nominali, ma sulla base del "potere d'acquisto"
Settimo. Trasparenza. Per noi questo è un punto assolutamente importante. Per La Destra è fondamentale che i cittadini siano informati, consapevoli e convinti. La trasparenza dovrà essere uno dei principi cardini della nuova costituzione federale.
Questa “dichiarazione di intenti” sulla necessità di “una Costituzione federale per salvare l’Italia” sarà firmata da tutti i candidati de La Destra alle elezioni politiche del 13 e 14 Aprile 2008
Milano e Roma, 8 Marzo 2008
Daniela Santanchè Francesco Storace
Lettera aperta a Bossi
molto a malincuore ti comunico che lascio la Lega. Non rinnovo la tessera per il 2007 e in Comune, a Milano, passo nel gruppo misto.
Al congresso della Lega Lombarda si è parlato pochissimo di federalismo e di riforme fiscali. In particolare tu questo argomento lo hai appena sfiorato. E invece a mio giudizio avresti dovuto parlarne, e molto. Anche per far recuperare credibilità alla Lega dopo che alle elezioni politiche di Aprile 2006 aveva condiviso il programma elettorale della CDL in cui :
- nella sezione “Fisco” non c’era nessun riferimento al federalismo fiscale,
- nella sezione intitolata “SUD Piano decennale straordinario per il superamento della questione meridionale” si prevedeva un “Federalismo fiscale solidale e misure di fiscalità di sviluppo a favore delle aree svantaggiate”. Il che significa che se la CDL avesse vinto le elezioni per rispettare il programma elettorale avremmo dovuto trasferire ancora più quattrini dalle nostre Regioni a quelle del Mezzogiorno.
- nella sezione intitolata “Finanza pubblica ” si prevedeva di ridurre il debito dello Stato tramite la vendita di patrimonio pubblico, per la maggior parte non di proprietà dello Stato, ma delle nostre Regioni e dei nostri Comuni.
Quando avevo letto quel testo non potevo credere ai miei occhi. Avevo raccomandato a te e a tutti i segretari nazionali di discutere, spiegare e approfondire questa ed altre situazioni ai congressi della Lega, ma vedo che purtroppo né tu né Giorgetti avete ritenuto di farlo.
Ne prendo atto e auguro comunque buona fortuna a te e agli altri amici. Onestamente non riesco a sentirmi parte di un movimento più interessato a discutere di coppie di fatto, eutanasia, dazi, diocesi e presepi che non di federalismo, di federalismo e ancora di federalismo. Se proprio è necessario parlare anche d’altro, gli argomenti non mancherebbero: pressione fiscale, produttività, sviluppo, spesa pubblica, pensioni, concorrenza, energia nucleare, burocrazia, libertà economiche, ordine pubblico, interventismo dello stato in economia, eccessiva presenza dello stato nella nostra vita quotidiana, eccetera. Ma il congresso della Lega Lombarda non ha considerato particolarmente importanti questi argomenti.
Ti abbraccio
Giancarlo
Milano 16 Gennaio 07Policy & Credits
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Eccomi. Il Vecchio Paglia
Due parole su di me
- Sono nato a Milano nel 1942
- Mi sono diplomato in Ragioneria al Collegio San Carlo, poi ho preso la laurea in Economia e Commercio all’Università Cattolica del Sacro Cuore e mi sono iscritto all’Ordine dei dottori commercialisti di Milano
- Ho fatto il militare (ero soldato semplice) nel 1961: paracadutista a Pisa e poi a Livorno. Bei tempi: dovevi fare 5 chilometri di corsa in 20 minuti tutte le mattine e di notte se “arrivava” un gavettone dovevi saltare giù dalla branda e gridare “Folgore”.
Il mio decalogo
(fin dai tempi della campagna elettorale del marzo 1992)
Sì, certo; il termine “decalogo” può sembrarvi eccessivo ma sono proprio questi i dieci punti che ho elaborato con altri amici nel 1991 nella vecchia sede della Lega in Piazza Massari e che da allora diffondo e discuto in migliaia di incontri in giro per l’Italia. Lo abbiamo sempre chiamato “il decalogo di piazza Massari”. Date un’occhiata anche voi.