Lettera di Giancarlo Pagliarini sul costo dei servizi bancari in Italia
02 Marzo 05
Per Umberto Bossi, Calderoli, Castelli e Maroni, Deputati e Senatori della Lega.
In questi giorni ho discusso con qualcuno di voi (Calderoli, Giorgetti, Maroni ed altri) per cercare di capire i motivi della nostra posizione sulle banche. Vi allego uno studio dal quale risulta, tra le altre cose, un confronto dei costi che le imprese di 11 Stati sostengono in un anno per i servizi delle loro banche. E’ il risultato di otto mesi di lavoro in 11 paesi e in 73 banche.
Il risultato è questo: se una impresa italiana paga 100, il costo sostenuto dai suoi concorrenti francesi , spagnoli e tedeschi per comperare sostanzialmente gli stessi servizi è 50 (si, avete letto bene: 50). Negli Stati Uniti 85, in Inghilterra 27, in Olanda 15 eccetera. Il dettaglio lo potete vedere nell’Allegato 1. Questi dati valgono per le aziende e anche per i privati cittadini.
Ho intenzione di approfondire questo studio perché avevo già intenzione di utilizzarlo per una delle “lezioni di economia” per Telepadania e sono già in contatto con i rappresentanti italiani della Cap Gemini Ernst & Young. Da “giovane” ho partecipato a molti di questi progetti e ne ho anche gestito qualcuno in prima persona: hanno qualche difetto (per esempio nella figura 1 dello studio che vi allego c’è una errata corrige. Il dato per l’Italia non è il 501 di pagina 3 ma il 206 che vedete nella pagina successiva, che migliora la situazione dell’ Italia e che io ho utilizzato per elaborare i dati che vedete nell’Allegato 1) ma hanno anche moltissimi pregi, e di solito i risultati hanno quasi sempre un valore segnaletico molto significativo.
L’equazione per il momento, è questa: aiutare le banche italiane evitando di esporle alla concorrenza internazionale significa condannare gli imprenditori padani a pagare per i servizi bancari come minimo il doppio dei loro concorrenti. E questo vale anche per risparmiatori e normali cittadini. Se questi dati sono corretti, credo che dovendo scegliere tra banche da una parte e aziende e risparmiatori dall’altra non dovremmo avere nessun dubbio.
I nostri imprenditori devono già sopportare il peso della pressione fiscale e contributiva più alta dell’UE (1), il costo dell’energia è supera di circa il 30% quello dei loro concorrenti europei, i servizi e le strade sono ormai da terzo mondo, e anche il costo dei servizi che ricevono dalle banche sono il doppio di quelli che sostengono i loro concorrenti (“solo” il doppio quando va bene, perché nel caso dell’Inghilterra sono il triplo).
Non è un problema di “scalate”, oppure di banche italiane o di banche “straniere” (tra virgolette perché, cosa volete, io ho qualche difficoltà a considerare “stranieri” i catalani, gli abitanti della Baviera o quelli dell’Essex) : il problema si chiama mancanza di concorrenza. Certo, mi rendo perfettamente conto che togliere le responsabilità dell’antitrust alla Banca d’Italia e prevedere che la durata della carica del Governatore, a differenza del Papa, non sia a vita non risolve il problema. Ma sarebbe comunque un segnale incoraggiante. Un segnale di voler almeno cominciare a cambiare qualcosa.
Questa situazione si risolverà solo con più concorrenza. Spero siate d’accordo e vi chiedo, se siete d’accordo, di ricordarlo in ogni circostanza.
Giancarlo Pagliarini
La pressione fiscale ufficiale è appena scesa di un punto e adesso siamo al 41,8% del PIL, ma non dimenticate che nella stima del PIL l’ISTAT include anche la stima dell’economia sommersa. Questo vuol dire che quel 41,8 non lo pagano in 100, ma circa in 80. Dunque la pressione fiscale vera che sopportano quelli che pagano le tasse per mantenere questo Stato è ben superiore al 50%.