I perché della Riforma Federale

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Premessa

In tutto il mondo i professionisti usano “frasi fatte” che per gli addetti ai lavori hanno un preciso significato mentre per il grande pubblico sono incomprensibili. Per esempio nella revisione contabile indipendente (quella seria, non quella formale imposta dalle leggi)  se un revisore dice “mi spiace ma quest’anno gli devo affibbiare un subject to grande come una casa” i professionisti capiscono che c’è un rischio che potrebbe far cambiare completamente il patrimonio e la situazione finanziaria  del gruppo. Nella politica italiana succede esattamente il contrario: ci sono frasi fatte alle quali il grande pubblico attribuisce un preciso significato, mentre gli addetti ai lavori sanno che possono tranquillamente farne un uso spregiudicato perché in realtà non stanno prendendo nessun impegno. Un esempio classico è la frase “diminuiremo le tasse”, che se  non viene abbinata alla identificazione di quali spese verranno diminuite, oppure delle fonti delle entrate alternative, a mio giudizio più che di “promessa elettorale” ha il significato di un “imbroglio elettorale”. Un altro esempio ormai classico di dichiarazioni “misleading”, non impegnative e dunque alla portata di tutti è la frase “faremo il federalismo”, che ormai ha il significato di tutto e del contrario di tutto. Un esempio ormai “classico” è il riferimento al “federalismo” del programma elettorale della CDL per le elezioni, dell’Aprile 2006. Il riferimento al federalismo in effetti c’era, e la frase completa era questa: “Federalismo fiscale solidale e misure di fiscalità di Sviluppo (compensativa) a favore delle aree svantaggiate”. Questo era uno dei quattro punti del “Piano decennale straordinario per il superamento della questione meridionale” ed aveva il chiaro significato di aumentare i trasferimenti di risorse alle regioni del mezzogiorno: esattamente il contrario del significato che molti cittadini attribuiscono alla parola “federalismo”.

 

Il cd “federalismo fiscale”
A mio giudizio la parola “federalismo fiscale” non dovrebbe mai essere utilizzata. Il motivo è questo: se la Repubblica italiana fosse una Repubblica federale avremmo una organizzazione fiscale federale. Ma la repubblica italiana non è una repubblica federale. Di conseguenza il suo sistema fiscale non è e non può essere un sistema federale e la parola “federalismo fiscale” è un controsenso. La verità è che siamo in presenza di una serie di veri e propri “abusi”. Io stesso sono stato nominato presidente della “sottocommissione per il federalismo fiscale” del Comune di Milano. Federalismo è diventata una vera e propria parola magica da abbinare a tutto quello che si vuole: fiscale, solidale, competitivo, differenziato, culturale, infrastrutturale, sessuale, e chi più ne ha più ne metta. Per questo considero molto opportuna l’iniziativa di Formiche: sono sicuro che ne leggeremo di tutti i colori.

 

Cambiare la Costituzione

La necessità di cambiare la Costituzione viene da lontano. Marco Vitale scriveva nel 1990 “La prima Costituzione, quella del 1948, è morta e sepolta….abbiamo bisogno di un pensiero politico-sociale contemporaneo e di istituzioni capaci di inserire con un minimo di dignità il paese nel processo di mutamenti epocali in atto in tutto il mondo…queste idee sono condivise su un piano intellettuale e personale anche da una parte non piccola della nomenklatura politica ma questa è chiusa nell’azione di rinnovamento dai suoi interessi e vincoli di casta che sono poderosi.” (Una Costituzione per rifare l’Italia, sul Sole 24 Ore del 9 Dicembre 1990). Dal 1990 ad oggi non è successo niente, la Casta (citata da Vitale nel 1990) 1) non è stata capace di inserire con un minimo di dignità l’Italia nel processo di mutamenti epocali in atto in tutto il mondo e 2) non ha letto con la necessaria attenzione le considerazioni di Kenichi Ohmae:  “Non si preoccupano di come fare per aiutare le aree più fiorenti a progredire ulteriormente, bensì pensano a come spillarne denaro per finanziare il minimo civile ….In realtà non sono queste le cose di cui ci si deve preoccupare. Concentrarsi unicamente su questi aspetti significa mirare soprattutto al mantenimento del controllo centrale, anche a costo di far colare a picco l’intero paese, anziché adoperarsi per permettere alle singole regioni di svilupparsi e così facendo, di fornire l’energia, lo stimolo e il sostegno per coinvolgere anche le altre zone nel processo di crescita.” (La fine dello Stato.nazione, 1994). I risultati sono sotto gli occhi di tutti: come era agevole prevedere stiamo colando a picco. Paese sempre più povero e meno competitivo,  famiglie che non arrivano alla fine del mese, Albania e Mongolia che ci superano nella classifica delle libertà economiche, PIL pro capite della Repubblica italiana inferiore a quello degli stati  più poveri degli US. In un memorabile editoriale (Dicembre 07: Un commissario straordinario per l’Italia) Formiche esprime la preoccupazione di un crack paese assai grave, a mio giudizio non fa una provocazione eccessiva quando identifica in Bondi “la persona che verosimilmente potrebbe essere chiamato ad amministrare la liquidazione dell’Italia portando i libri in tribunale” e fa bene a chiedersi “se serva arrivare allo stadio del fallimento per iniziare un difficile risanamento o se non sia il caso di intervenire prima che la situazione sia troppo deteriorata” (editoriale del numero di Dicembre 07). La riforma federale a mio giudizio rappresenta il mezzo per  “intervenire prima che la situazione sia troppo deteriorata”. Nei due paragrafi successivi provo a spiegare i motivi di questa scelta e le caratteristiche che dovrebbe avere la riforma.

 

I motivi della riforma federale

Il motivo per il quale, da anni, raccomando questa “cura” è uno solo: la concorrenza genera efficienza. Questo non vale solo per l’economia, ma in tutti i campi. Quindi anche nella politica. Lo aveva ricordato con una importante dichiarazione Sergio Pininfarina ai tempi della sua presidenza di Confindustria, all’inizio degli anni 90: “…si deve tener conto dell’integrazione comunitaria perché con il principio del mutuo riconoscimento delle legislazioni, la competizione sarà tra sistemi e riguarderà tutti gli aspetti economici, finanziari, amministrativi, istituzionali”. Noi continuiamo a “mirare soprattutto al mantenimento del controllo centrale, anche a costo di far colare a picco l’intero paese” ed ecco perché siamo sempre meno competitivi e non attiriamo capitali.

I le caratteristiche della riforma federale

La riforma federale dovrebbe avere la caratteristiche che vedete nella tabella qui di fianco.

Devono essere identificati i pochissimi compiti operativi dello Stato, tra i quali, argomento di attualità, non rientrano certo quello di occuparsi dello  smaltimento della immondizia.           La maggior parte dei compiti legislativi e operativi  sono responsabilità delle singole Regioni  anche in concorrenza  tra di loro. I compiti dello Stato sono valutati a costi standard            e sono  finanziati con una delle due tasse nazionali che deve chiamarsi proprio così:  "tassa per pagare i servizi dello Stato"   . Le tasse non sono dello stato ma sono del territorio, che ne dà una parte allo stato per comperare i suoi servizi. Lo stato dunque  non è né il padrone nè il padreterno ma è un fornitore di servizi. Con questo sistema i cittadini, a differenza di oggi, diventano più consapevoli e quando staccano  un assegno per “i servizi che ricevono dallo stato” si chiedo immediatamente se questi servizi ci sono e se valgono i soldi che pagano. Così magari capiscono meglio, perché lo toccano con mano,  che con questi soldi non pagano i servizi dello stato ma mantengono le caste dei politici, dei burocrati, di quelli che non vogliono le liberalizzazioni e di tanti altri mantenuti. Naturalmente è prevista una quota di solidarietà orizzontale tra regioni, con le caratteristiche della trasparenze ed i cui calcoli  non sono effettuati  sulla base dei valori nominali ma considerando il potere d’acquisto ed infine, molto importante, tra le regioni vi deve essere una forte concorrenza fiscale e legislativa. Fermo restando che “a me interessa più imparare che avere ragione” ai tanti che hanno criticato questo progetto convinti che  “sarebbe il caos” ricordo che Luigi Einaudi ha scritto “il bello, il perfetto, non è l’uniformità, non è l’unità, ma la varietà e il contrasto”. E ricorda anche che a mio giudizio le Costituzioni dovrebbero periodicamente essere rivista in toto o in parte, per adattarla alle generazioni e ai tempi che si susseguono.

 

 

 

 

 

I punti del “patto federale”

 

Primo:identificare i compiti legislativi e i compiti operativi dello Stato federale

 

Secondo:i compiti legislativi sono "esclusivi"   e "concorrenti", assieme alle Regioni

 

Terzo: tutte le altre leggi sono responsabilità delle singole Regioni. Anche in concorrenza tra di loro. Non è"caos", è gara a chi amministra meglio, a dove la qualità della vita è migliore, a dove si attirano più investimenti e a dove c'è più sicurezza e meno ladri a piede libero.        

 

Quarto:I compiti operativi dello Stato centrale non sono molti. Includono l’esercito, la gestione del debito pubblico della Repubblica, ma non la gestione del welfare (LSU, pensioni di invalidità, ecc). Questi sono compiti delle Regioni (sussidiarietà)

           

Quinto:i compiti dello Stato sono valutati a costi standard      

 

Sesto:i compiti dello Stato sono  finanziati con una delle due tasse nazionali. La "tassa per pagare i servizi dello Stato"           

 

Settimo:la seconda  tassa nazionale è la "tassa per la solidarietà”. La pagano tutti, il gettito va in un "piatto comune". Si calcola il PIL medio pro-capite nazionale. Le regioni che lo superano non ricevono niente. Quelle dove si genera un PIL pro capite inferiore alla media nazionale incassano quote della "tassa per la solidarietà", a condizione che non vi sia significativa evasione fiscale e contributiva

           

Ottavo: il calcolo non  viene effettuato sui valori nominali, ma sulla base del "potere d'acquisto"

 

Nono:tutto il resto, tutte le altre tasse, sono gestite dalle Regioni. Principio della concorrenza fiscale tra le Regioni. Come in Svizzera. Esempio del cantone di Obvaldo: hanno deciso di passare a breve alla flat tax.        

 

Decimo: nelle Regioni dove si decide di dare tanti servizi ai residenti ( cittadini, imprese, associazioni ecc) la  pressione fiscale sarà superiore della pressione nelle Regioni dove gli amministratori decidono di dare meno servizi. Ferme restando naturalmente le garanzie previste dalla Costituzione