Riforma fiscale: la proposta di Pagliarini

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Il 30 Novembre “la Padania” ha pubblicato un mio articolo intitolato “Federalismo fiscali: giù le carte subito" nel quale,  a proposito delle riforma fiscale che dovrà (spero)  essere fatta nel corsa della prossima legislatura, ho scritto: “…a mio giudizio il testo della legge di riforma dovrebbe  essere concordato prima delle elezioni,  non dovrebbe essere generico (tipo “alè alè, vinciamo le elezioni che poi facciamo il federalismo fiscale) ma dovrebbe avere la forma di un vero e proprio disegno di legge…”.

Non ho cambiato idea, la penso ancora così, ma ormai i giochi sono fatti: per il programma elettorale della casa delle libertà è stata scelta  una forma molto sintetica di 21 pagine e 4.009 parole, da confrontare con le 281 pagine e 85.140 parole del programma dell’Ulivo.

Ecco il programma ed ecco i principi della legge di riforma fiscale di cui a mio giudizio il paese ha bisogno per recuperare competitività e per attuare  l’articolo 119 della Costituzione, fissando le caratteristiche dei suoi due fondi: quello di perequazione e quello di solidarietà sociale.

1   Regionalizzazione dei dati e risultati intermedi.Il bilancio di tutte le entrate e di tutte le spese delle pubbliche amministrazioni dovranno essere sempre esposti regione per regione e dovranno evidenziare, per ogni singola Regione ed in totale,  i seguenti risultati intermedi: 1) deficit del sistema previdenziale, 2) surplus di tutte le altre operazioni, 3) surplus primario, 4) spese per gli interessi passivi sul debito pubblico, e 5) deficit netto. Nell’Allegato1 potete vedere i totali dei dati degli anni 2002, 03 e 04 (fonte: ISTAT)

2   Inversione dei flussi fiscali. Tutte le imposte, tasse e contributi sociali che si versano in una regione appartengono a quella regione. Poi è la Regione che trasferisce quei fondi al centro, e non viceversa.

3   Trasferimenti.Le Regioni trasferiscono i contributi sociali all’INPS e agli altri  enti previdenziali e allo Stato. I trasferimenti allo Stato sono effettuati per tre motivi.

a)   Per “pagare” allo Stato i servizi che lo Stato rende direttamente alle Regioni. Questo è un calcolo oggettivo. La Ragioneria generale dello Stato pubblica già da 12 anni il libro “la spesa statale regionalizzata”.

b)   Per contribuire alle spese generali dello Stato che saranno “regionalizzate” sulla base del numero di abitanti. Esempio: le spese per l’esercito, per la Presidenza della Repubblica eccetera.

c)   Per contribuire ai due fondi previsti dall’Articolo 119 della Costituzione: quello “perequativo” previsto dal secondo comma (“La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”)  e quello di “solidarietà sociale” previsto dal quarto comma (“Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi  diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni”.

4   Cittadini consapevoli.Regionalizzando tutti i dati esposti in precedenza si raggiunge l’importante obiettivo di rendere consapevoli tutti i cittadini sui conti delle pubbliche amministrazioni.

5   Competitività e principio del 75%.Ho già ricordato che nel nostro paese il numero di occupati è massimo nei settori a basso contenuto tecnologico. Per ogni 100 italiani addetti ai comparti del tessile, del cuoio e delle calzature, ce ne sono 37 in Francia e 17 in Germania. Di conseguenza “la pressione competitiva esercitata dalle economie emergenti è per l’Italia più rilevante” (fonte: assemblea del Maggio 05 della Banca d’Italia). Il motivo della nostra debolezza è nell’eccesso di assistenzialismo (ricordo, per fare un esempio, che la differenza tra contributi sociali versati e pensioni incassate di Sicilia, Campania e Puglia nel 2003 è stata di 15 miliardi e 707 mila Euro).  Per questo motivo è assolutamente necessario che nel termine di 5 anni ogni Regione sia in grado di coprire almeno il 75% delle proprie spese, sia per quanto riguarda le pensioni che per tutte le altre spese, naturalmente con la sola eccezione degli interessi passivi sul debito pubblico perché in altrimenti si avrebbe un formidabile incentivo a non sottoscrivere titoli del debito pubblico della Repubblica italiana.

Ricordo, per fare un esempio, che la differenza tra contributi sociali versati e pensioni incassate di Sicilia, Campania e Puglia nel 2003 è stata di 15 miliardi e 707 mila Euro (fonte: “La regionalizzazione del bilancio statale” di Alberto Brambilla). Il “buco” delle pensioni di Sicilia, Campania e Puglia, coperto tutti gli anni con interventi di assistenzialismo,  è uguale al doppio di tutta l’IVA che si paga in un anno in Veneto. A questa cifra bisogna aggiungere i deficit delle altre regioni. Capite che con questi numeri non possiamo né competere ad armi pari né andare molto lontano.

 

Art. 119 della Costituzione

  • I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia  finanziaria di entrata e di spesa.
  • I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome.
  • Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia  con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
  • Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
  • La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
  • Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai  Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di  finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
  • Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi  diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
  • I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un  proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per  finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.